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Muditā: la Gioia che nutre

Tempo di lettura: 3 minuti

Muditā, la terza delle dimore divine insegnate dal Buddha, è la gioia partecipe, quella che sorge spontanea nel vedere qualcun altro felice, senza invidia, senza desiderio di possesso, pura apertura e risonanza di cuori che finalmente si concedono di battere all’unisono.

Nella nostra cultura predominano la competitività, il bisogno di prevaricare e quello di emergere, abituandoci ad un confronto costante, a misurare, a invidiare quella felicità dell’altro desiderando che sia nostra. I social network, con le loro vetrine fittizie, non fanno che alimentare una felicità ostentata, spesso costruita a tavolino, che innesta nell’altro un senso di inadeguatezza, mancanza e di invidia.

Eppure, il Buddha parlava di una gioia che non si consuma, che non si esaurisce, perché è infinita. La gioia per la gioia degli altri che non toglie nulla, anzi, ci fortifica.

Proprio come se fossimo un albero: in una radura, un albero è fragile, esposto alle intemperie, mentre nella foresta le sue radici si intrecciano con quelle degli altri, creando una rete di sostegno. È stato dimostrato che le piante comunicano attraverso il sottosuolo: scambiando nutrienti e informazioni (utilizzando una rete di micorrize, funghi che si intrecciano con le radici) gli alberi più grandi nutrono quelli più piccoli, favorendo la crescita reciproca. Questo fenomeno, noto come Wood Wide Web, mostra come l’interconnessione rafforzi la vita di ogni albero. Allo stesso modo, la forza e la robustezza che ricaviamo dai legami con gli altri, dal nutrirci della presenza e della gioia di chi ci circonda, ci permettono di espandere i nostri rami ed i nostri cuori, affrontando le sfide della vita con maggiore resilienza ed elevandoci a persone migliori.

Muditā è, quindi, uno sguardo che si allarga, che ci porta oltre il nostro piccolo mondo, oltre le emozioni limitate dell’Io, del nostro Ego. Non è solo un sentimento, ma una pratica: possiamo scegliere di allenare il cuore a questa gioia, come ci si educa a vedere la luce sottile nelle cose.

E allora proviamoci, con intenzione e volontà.

Come ci ricorda anche Chandra Candiani nel suo libro “Questo immenso non sapere.” edito Einaudi:
“Muditā è la terza delle dimore divine, «la gioia per la gioia degli altri». Non è poi così rara se non ci fermiamo al regno umano, dove invidia e gelosia, desiderio di supremazia e di appropriazione tagliano lo sguardo. Quando vediamo qualcosa che sentiamo come bello, spesso stiamo individuando la gioia di un essere. Credo che l’aprirsi di un fiore ma anche il suo spuntare siano forme di esuberanza di energia, ma lo siano anche le sobrie foglie che cadono, il momento magico in cui si staccano dal ramo: totalmente dipendente dalle condizioni esterne, eppure… solo quel momento, preparato da giorni di assottigliamento e fragilità, solo quel momento è prontezza al volo, alla morte. Come gli animali stanno tranquilli nel non conosciuto con occhi enigmatici e il mistero scritto sulla pelliccia o sulle piume, come gli alberi, che hanno gesti dettati dal vento e sanno aspettare senza discussioni che le condizioni cambino, forse sono visibili forme di gioia: la gioia di conoscere la via per incontrare il non conosciuto.

Lao Tzu dice: «Quello che tocchi senza afferrare si chiama sottile».
Forse è così che ci si educa a vedere la sottigliezza della gioia, non afferrandola e riconoscendola anche dove è grazia dell’abbandono.

Allora forse dalla gioia impersonale degli esseri abbandonati alla legge naturale si può passare alla gioia umana, e anziché scattare immediatamente nel giudizio, nell’invidia o nella gelosia, augurare loro semplicemente che duri. Si sa che è effimera, fragile, si sa che è così spesso illusoria, legata all’io, alle sue appropriazioni e affermazioni, ma si sente anche che un essere che prova gioia si sta abbandonando, sta cedendo. È a quel luogo tenero e delicato che si invia l’augurio:
«Che la tua gioia possa durare».”

Lasciamo che queste parole diventino un augurio per tutti gli esseri, trasformandosi in un balsamo per i nostri cuori gioiosi.
La gioia è già qui, basta saperla scorgere e nutrire.

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