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Rispetto per gli animali

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Per significare quanto dirò nelle parole che seguiranno, in realtà basterebbe la scena di un film. Quella di inizio de L’ultimo dei Mohicani nella sua terza versione del 1992 di Michael Mann, interpretata da uno splendido Daniel Day-Lewis: Nathaniel “Occhio di Falco”. Il guerriero corre tra gli alberi, velocissimo, agilissimo, all’inseguimento di una preda a noi invisibile. Per alcuni minuti è solo, poi si affianca un secondo nativo che, dopo la lunga corsa, in silenzio teso, osserva Occhio di Falco mentre prende la mira con un lungo fucile carico con polvere nera. Il colpo parte con una fiammata e un gran fumo. Sopraggiunge un terzo pellerossa. Insieme, assorti, dolenti, raggiungono la vittima della loro azione di caccia. Un giovane cervo maschio, giace esanime con gli occhi spalancati. I tre si fanno intorno e il più anziano con un gesto rituale delle mani, sacro, pronuncia queste parole «Ci dispiace doverti uccidere fratello. Rendiamo omaggio al tuo coraggio, alla tua velocità, alla tua forza».

Un recente rapporto ISTAT che osserva l’andamento delle macellazioni animali nel periodo 2010-2022, certifica che sono sensibilmente calati i consumi di carni per nutrimento umano. Bovini: -23%; cavalli: -60%; agnelli: -50%; vitelli: -40%; maiali: -16%; conigli: -34%.
Una parte di questi cali, secondo l’Istituto di statistica, è dovuto ai conosciuti rischi per la salute – incluso il cancro – evidenziati anche dall’OMS per le carni rosse e gli insaccati suini.
Tuttavia, nella visione d’insieme dei dati, il calo rispecchia soprattutto una accresciuta sensibilità verso gli animali, alcuni in particolare. Più della metà degli italiani considerano il cavallo un animale da compagnia. Nelle case italiane convivono felicemente con noi oltre 3 milioni di conigli, appunto, da compagnia: un orrore pensare lo stesso animale come cibo su quelle tavole. Per quanto riguarda gli agnelli, la diminuzione è certamente conseguenza delle campagne di sensibilizzazione molto attive nel periodo pasquale. Il cambiamento è segnato fortemente dalle nuove generazioni.

La produzione di alimenti umani – così come molte altre scelte di questo mammifero così nocivo e sconsiderato – è finalizzata non tanto alla risposta di bisogni nutrizionali e di buona salute, ma a quelli connessi alla produzione di ricchezza e di sviluppo delle imprese. In sostanza non si risponde a una domanda finita determinata dal numero di bocche da sfamare, ma a quella di una infinita crescita che è paradosso di per sé. E questo vale per la parte ricca del mondo, mentre quella povera patisce la fame o almeno la malnutrizione. Da decenni sappiamo che tutta l’agricoltura destinata alla alimentazione di animali a loro volta trasformati in pietanze servite sulle tavole ricche del pianeta, sarebbe sufficiente per sfamare l’intera umanità se questa basasse la sua alimentazione sul consumo di cereali e legumi… con vantaggio anche per la salute dei gordi occidentali.

L’agricoltura intensiva impoverisce i terreni e, con l’uso di sostanze chimiche per fertilizzarli e contrastare parassiti e malattie delle coltivazioni, è causa di malattie anche gravissime a danno di operatori del settore e, indirettamente, dei consumatori finali. Qualche tempo fa Green Peace fece una ricerca in 11 paesi europei acquistando mele in 23 diversi supermercati, raccogliendo 126 campionature del frutto che toglie il medico di torno. Il risultato delle accurate analisi dei prodotti, salvo quelli acquistati nei supermercati bio tipo NaturaSì, hanno evidenziato tracce di pesticidi nel 83% delle mele prodotte in modo convenzionale che, nel 60% dei casi, sono risultate anche contaminate da due o più sostanze chimiche per lo più bioaccumulabili. La zootecnica ‘moderna’ è ragione risaputa di inquinamento delle acque, dei terreni e di primario concorso nel fenomeno del riscaldamento climatico. Soprattutto, alla faccia, di bellissimi spot pubblicitari che mostrano vacche al pascolo e galline razzolanti in aie inondate dal sole, gli animali non sono trattati come cose… peggio, come macchine che purtroppo hanno la complicazione d’essere creature viventi. L’associazione animalista Essere Animali ha mostrato moltissimi filmati raccolti negli allevamenti – trasmessi anche nei TG nazionali in prima serata – in cui gli animali oltre a non vedere mai la luce e convivere in veri lager tremendi, spesso sono oggetto di crudeltà gratuite.
Noi umani ci alimentiamo di tutto questo. Deridiamo i vegani e apprezziamo scienziati che banalizzano le scelte biologiche e biodinamiche in agricoltura.

Anni fa fui incaricato di realizzare un documentario nel più moderno macello per suini in pianura padana costruito su modello americano. Tutto era davvero efficiente, igienico, veloce e (apparentemente) indolore. In pochi minuti l’animale vivo diventava bistecca ancora calda del suo calore naturale. Impressionante. Al punto che, consegnato il documentario al cliente, divenni vegetariano totale e lo rimasi per quasi dieci anni.
In effetti basterebbe mostrare a tutti come stanno realmente i polli allevati a terra, in migliaia in spazi angusti, pieni di farmaci per farli campare in qualche modo in un ciclo vitale di 40 giorni. O vedere l’espressione della vacca al quale viene tolto il vitello appena partorito per fare in modo che tutto il suo latte sia disponibile per noi e per il nostro intestino che mal tollera il lattosio in età adulta.

Se torniamo a Occhio di Falco, l’ultimo dei Mohicani, e questa volta, nonostante la nostra pelle bianca, ascoltiamo la sua lezione con umiltà e cuore, sia pure in ritardo, capiremmo che solo con il rispetto e l’amore per la natura e per gli animali che con noi la condividono, solo con questa attitudine che più modernamente potremmo chiamare etica, saremo in grado di comprendere che “tutti siamo in relazione con tutto” come dicono i nativi, e a questo principio di responsabilità dovremmo ispirare tutte le nostre scelte, nessuna esclusa.

Copertina: Foto da Facebook Rifugio Miletta – Gabriele e Tina, una maialina di 15 mesi di razza vietnamita – www.rifugiomiletta.org

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