Una società a lunga conservazione
Più di cinquant’anni fa i giovani erano certi di riuscire a cambiare il mondo. In realtà già nel dopoguerra la Beat Generation, il movimento giovanile anticonformista emergente dell’underground newyorkese, stravolgeva valori e comportamenti, con pensieri che divennero germogli precoci poi fioriti a Berlino, Milano, Birmingham, Parigi, Praga addirittura!
Un anno dopo il maggio francese del ‘68, nell’aprile del 1969, San Francisco rispondeva al «Ce n’est qu’un debut continuons le combat» parigino con la voce seria e toccante di Grace Slick che con i Jefferson Airplane cantava Volunteers fotografando così le tante piazze del mondo occidentale:
«Guarda cosa sta succedendo fuori nelle strade
C’è la rivoluzione, vai alla rivoluzione
Sto ballando giù nella strada
C’è la rivoluzione, vai alla rivoluzione
Una generazione è diventata vecchia
Una generazione ci ha messo l’anima
Questa generazione non ha nessuna meta da raggiungere
Basta piangere!»
Tutto era così chiaro e luminoso. E semplice, troppo semplice. Alle spalle, il brutto e cattivo, guerra inclusa; davanti il tempo che avrebbe portato il bello, buono, giusto e pacifico.
Come è andata a finire? Male. Siamo qui a soffrire timori nucleari e l’anno prossimo il primo uomo della più grande potenza mondiale avrà 85 anni, oppure si chiamerà Trump, o sarà un giovane uguale a Trump ma più gramo.
Allora, mezzo secolo fa, la spinta giovanile abbagliante si trasformò in una miseria di mille gruppuscoli settari tra loro antagonisti, quando non dedicati alla violenza fino alle estreme conseguenze.
E gli adulti di allora come l’hanno messa? Prendiamo l’Italia: a sinistra i mostri sacri post-sovietici definivano i giovani che pure sventolavano bandiere dello stesso loro colore, “sedicenti rossi” relegandoli fuori dalla loro area ideologica. Più pragmaticamente gli adulti di destra, quelli ben intrufolati in ministeri e servizi segreti, manipolavano le nuove formazioni nere per eseguire servizi bombaroli in banche, piazze, treni.
Certo, questa è una sintesi estrema, utile solo a palesare come le istanze giovanili o vengono confinate nell’area della inammissibilità, oppure sono adoperate a proprio servizio conservativo da parte di quella che Grace Slick chiamava “Una generazione diventata vecchia”.
Oggi, con le dovute ovvie differenze, succede lo stesso. I partecipanti al movimento di Greta Thumberg sono dileggiati come “gretini”; i giovani di Ultima Generazione diventano eco-terroristi. Nel frattempo, il pianeta precipita a causa delle sue condizioni climatiche indotte dalla storica irresponsabilità umana. Il cambiamento è drammaticamente urgente.
Eppure, di fatto, i conservatori primeggiano in molte parti del mondo. La loro comunicazione che evoca nemici alle porte e propri interessi da difendere funziona sempre. Anche in Italia ha funzionato, eccome.
Una ricetta di resistenza al cambiamento di sicura inefficacia gestionale.
Ci sarebbero tanti esempi di approccio conservatore alla realtà con inefficacia in purezza: l’ostilità per la moneta elettronica e le carte di credito che tutti usiamo in tutto il mondo; il rifiuto di prendere in considerazione cambi alimentari nonostante sia proprio la nostra dieta una delle cause principali del surriscaldamento globale. L’opposizione alle direttive europee per una veloce (si fa per dire: 2035) applicazione della trazione elettrica di tutti i veicoli. L’invenzione di norme punitive per chi usa parole prese da una lingua diventata da tempo l’idioma più comune per tutti. Il rifiuto di applicare norme e comportamenti acquisiti di accettazione e riconoscimento civile delle persone LGBTQ+.
Infine, la questione delle migrazioni che vede i conservatori ergersi a difesa di confini, tradizioni e sovranità nazionali, merita un piccolo approfondimento.
L’Africa più di altri continenti subisce pesantemente gli effetti della crisi climatica, nonostante sia il continente che emette i più bassi livelli al mondo dei famigerati gas serra. Zone abitate da 2 miliardi di persone entro il 2040 diverranno invivibili. l’Internal Displacement Monitoring Centre (IDMC) ha registrato nel corso del 2020, 40 milioni e mezzo di nuovi sfollati interni per cause ambientali. Si prevedono nei prossimi decenni milioni di migranti climatici verso i confini prossimi al loro infuocato continente: i nostri.
Quando succederà, vorrei tanto che ci fosse ancora Forattini a disegnare il Salvini che esclama davanti alle folle nere: “enno’, voi siete solo migranti climatici, non potete entrare!” O la Meloni con i suoi occhioni rivolti al cielo, malinconica, che ripensa ai bei tempi del “blocco navale”.
Sì, dai, conserviamo il buon umore!
Foto: dalla pagina Facebook di Ultima Generazione