Nel nome di Giacomo Matteotti
Miracolo! Giorgia Meloni ha fatto dichiarazioni contro i fascisti. «Matteotti era un uomo coraggioso ucciso da una squadraccia fascista», ha dichiarato in un comunicato al termine della cerimonia ufficiale del 30 maggio, svoltasi nell’aula di Montecitorio in ricordo del deputato assassinato il 10 giugno di cento anni fa. «Oggi siamo qui a commemorare un uomo libero… Onorare il suo ricordo è fondamentale per ricordarci ogni giorno il valore della libertà di pensiero e di parola…», ha aggiunto tra l’altro. Merito di un bravo ghost writer?
Fin qui tutto bene, ma ha taciuto sul mandante di quell’assassinio, cioè Mussolini il quale nel suo discorso alla Camera del 3 gennaio 1925 si assunse le responsabilità di quel delitto e dette il corso ufficiale alla dittatura.
A parte questa “dimenticanza” della premier, la cerimonia alla Camera, alla presenza del Presidente Mattarella e ben organizzata dal Presidente dell’assemblea Lorenzo Fontana, si è svolta nel rispetto del contesto storico e politico. Fontana nell’aprire la cerimonia ha definito Giacomo Matteotti “uno dei padri della nostra democrazia”.
Chiusa la parentesi della cerimonia solenne, nelle aule di Montecitorio e del Senato, riprenderà la “battaglia delle riforme”, pericolose per la democrazia, che le destre vogliono imporre: quelle della Magistratura, della autonomia regionale differenziata e dell’elezione diretta della premier.
Sulle riforme la Meloni ha rilanciato la sua solita “stravagante” aggressività: «Ora mi sono stufata», ha dichiarato intervenendo alla “Rete 4” prendendo di mira il cardinale Matteo Zuppi, presidente della Cei, il quale aveva dichiarato il giorno prima che «gli equilibri istituzionali vanno toccati sempre con molta attenzione».
Oltre all’ essersi stufata, la premier ha aggiunto che «la riforma del premierato non interviene nei rapporti tra Stato e Chiesa e non mi sembra che lo Stato del Vaticano sia una Repubblica parlamentare». In sintesi, che la Chiesa pensi ai fatti suoi.
E pensando invece ai fatti nostri, cioè dell’Italia, le tre riforme, che coinvolgono la Costituzione, saranno soggette ad altrettanti referendum che metteranno alla prova l’elettorato e soprattutto il sistema politico.
Ed è proprio quest’ultimo che dovrà affrontare le battaglie referendarie, immerso ormai in una vergognosa e costante conflittualità che rasenta lo scontro fisico nelle aule del Parlamento, da paragonare a un violento derby di campionato di calcio.
Inoltre i referendum creeranno tanti problemi formali legati alla prassi istituzionale, che attualmente rappresentano il principale cruccio della presidente del Consiglio. Per adesso la sua risposta consiste nelle due parole pronunciate giorni fa “o la va o la spacca”.
Se la premessa di questa battaglia politica è stata la recente rissa in Senato tra urla, insulti e minacce, dobbiamo considerare che la dialettica costruttiva è ormai scomparsa per lasciare il posto a una continua offesa alla democrazia e alla libertà.
Questi falsi rappresentanti del popolo non si rendono conto che le loro “gesta” provocano tra la gente indignazione e distacco, a tal punto da spingerla a non andare più a votare.
Matteotti, nel lanciare in Parlamento le sue accuse contro Mussolini, non rispose agli insulti dei fascisti, ma continuò ad elencare con tranquillità i misfatti del loro duce. Venne assassinato per questo.