
Democrazia? Da Berlino una lezione agli italiani
Domenica due febbraio una fiumana di gente percorreva l’Unter der Linden di Berlino. Era partita dal Bundestag e attraversata la porta di Brandeburgo, aveva raggiunto l’altro capo del famoso viale sino all’Opera Haus.
Erano più o meno 250 mila persone che manifestavano contro Joseph Merz, leader della Cdu-Csu, (la democrazia cristiana tedesca) che aveva voluto la legge “barriera” sui migranti. Il 29 gennaio un emendamento ancora più restrittivo era stato approvato al Bundestag con il sostegno decisivo dei neonazisti della AFD, ma il primo febbraio tutta la legge veniva bocciata grazie ad alcuni franchi tiratori.
Alla manifestazione i berlinesi sfilavano per impedire alla Cdu-Csu future alleanze con i neonazisti. Cantavano Bella ciao, ma non erano “comunisti”, come li avrebbe forse definiti la Meloni e tutta la destra italiana. Non venivano sventolate bandiere rosse o di altri partiti democratici; veniva innalzato qualche cartello con le scritte “Il popolo siamo noi” e altri con le parole “Fuck Afd”. Il titolo della manifestazione era “La rivolta delle persone per bene”.
Tra gli organizzatori c’era la Chiesa tedesca, cattolici e protestanti contrari a Josef Merz. Uno dei membri della Chiesa evangelica, Heinrich Bedford Strohm, rivolgendosi alla folla aveva dichiarato: «La democrazia non è solo un processo elettorale, bensì un ideale con al centro la dignità umana. Mi vergogno che i migranti arrivati qui vengano costretti a limitazioni».
Ho seguito quella manifestazione su un video inviatomi da amici tedeschi, rimanendo colpito dalla tranquillità che regnava sulla sfilata: si notavano pochi agenti di polizia e nessun drappello in tenuta antisommossa.
Confesso che ho invidiato quello spettacolo e ho pensato all’Italia e alle sue “persone per bene”, che ignorano quanto accade nel nostro Paese e alla polizia che carica anche gli studenti delle medie.
Ho pensato al passato, a quando nel 1960 l’Italia democratica protestò contro l’alleanza tra la DC di Tambroni e il Movimento sociale; alla rivolta di Genova, medaglia d’oro della Resistenza, scelta provocatoriamente dal partito neofascista per il suo congresso.
Ricordo ancora la piazza del Duomo, a Milano, gremita da 300mila persone che nel silenzio assoluto assistevano ai funerali delle vittime di piazza Fontana.
Ho assistito a tante manifestazioni, quelle degli operai che reclamavano condizioni migliori, degli studenti che chiedevano una scuola moderna. Poi agli eccessi dei giovani che inneggiavano a Lenin, Stalin e Mao Tse Dong; ho assistito a cariche disumane delle forze dell’ordine, che poi nella piazza San Babila di Milano trattavano con rispetto i fascisti che la occupavano.
Mi sono indignato quando a Genova nel 2001, durante il G8 un corteo con decine di migliaia di pacifisti, subì prima l’attacco di provocatori e poi venne aggredito dalle forze dell’ordine.
Seguì l’assalto dei poliziotti alla scuola Diaz e la “macelleria messicana” (come la definì un vice questore) di decine di giovani inermi che si riposavano. Mi sono indignato anche per il processo durato anni e finito con lievi condanne che hanno colpito pochi agenti. Anche allora la magistratura era “comunista”?
Già allora i partiti di sinistra (?) non si mossero, gli operai restarono nelle fabbriche, le “persone per bene” rimasero in silenzio.
Ho tanti ricordi di questo Paese sin da quando avevo 3-4 anni: il suono delle sirene che precedevano le bombe alleate; le città distrutte; l’occupazione nazista; i repubblichini con le divise delle SS che perquisivano le abitazioni gridando “ci vergogniamo di essere italiani”.
Eppoi la fine della guerra, la miseria del Sud, la ricostruzione e il boom economico. Da giovane pensavo che l’Italia si sentisse proiettata verso un futuro migliore: arrivò il benessere ma solo quello materiale; alle alleanze e i compromessi della DC con le sinistre, il neofascismo manovrato da poteri occulti, dilagava con i sanguinosi attentati mentre dal lato opposto i cosiddetti movimenti rivoluzionari, dalle brigate rosse ad altri, assassinavano vigliaccamente gente inerme. Per non parlare della mafia che comandava in Sicilia e tra i banchi del Parlamento, per poi arrivare ad agire su tutta la nazione.
Le sinistre, si fa per dire, negli anni in cui hanno governato hanno fatto poco o niente, mai una vera e importante riforma; mai una battaglia definitiva contro la miseria, contro le mafie; non ha voluto tagliare definitivamente la coda velenosa lasciata dal fascismo.
I risultati sono che oggi l’Italia è un Paese spento, in decadenza, con più della metà della popolazione che non vota; il neofascismo al potere con la sua grettezza e incapacità governa nel nome della propaganda e chissà dove ci porterà.
Il popolo della Meloni arriverà a comprendere di essere caduto in una trappola? La “persone per bene” riusciranno a svegliarsi dal letargo?
“Bisogna scegliere tra essere protetti o essere protagonisti”, ha detto il Presidente Mattarella, uno dei pochi ad avere le idee chiare. In un discorso tenuto all’Università di Marsiglia dove gli è stato attribuito il dottorato honoris causa, ha pronunciato parole giuste e fondamentali su quanto sta accadendo oggi nel mondo: «I nuovi feudatari del Terzo millennio sono novelli corsari che aspirano a vedersi affidare signorie nella dimensione pubblica». Alludeva forse a Musk? E poi aggiungeva «Quasi usurpatori delle sovranità democratiche». Forse si riferiva a Trump?
Ormai Mattarella rimane l’unica ancora di salvezza per la nostra democrazia.