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Una madre coraggio contro la dittatura

Tempo di lettura: 3 minuti

Rio de Janeiro 1971, in una spiaggia affollata incontriamo i ragazzi Paiva. Hanno la casa di fronte alla spiaggia. Rientrano felici con un cucciolo di cane, sopra di loro volteggiano degli elicotteri militari. E l’inizio del film Io sono ancora qui del regista brasiliano Walter Salles.

I Paiva sono una famiglia numerosa (5 figli) e allegra, sono benestanti (il padre Ruben è un ingegnere ed ex deputato laburista). Hanno molti amici con cui discutono e una vita piena. Certo, mentre la sera sono a cena a chiacchierare o sentire musica, sulla strada passano camionette dell’esercito che fermano i ragazzi alla ricerca di oppositori e terroristi.
Da 7 anni il Paese vive sotto una dittatura.

Alcuni degli amici più cari si trasferiscono all’estero, anche la loro figlia maggiore va a studiare a Londra, città dalla quale invia immagini e racconti di libertà.

Improvvisamente, il 20 gennaio, Ruben Paiva viene prelevato da militari con la scusa di dover rispondere a qualche domanda. «Torno per il soufflé» Non tornerà più.
Anche la moglie (Eunice) e una delle figlie verranno arrestate, la ragazza torna subito a casa, mentre la madre verrà trattenuta per una dozzina di giorni in una prigione in cui si sentono le grida dei torturati. Di Ruben non si hanno notizie, sembra svanito.

Decisa a conoscere la verità Eunice non si lascia travolgere dal dolore, non si arrende, con i conti bancari bloccati, cambia vita e città. Torna a San Paulo, il luogo in cui è cresciuta e dove abita la sua famiglia d’origine.

La donna vuole preservare dalla tragedia la vita dei figli. Si mostra serena, quasi confidente in una buona soluzione della vicenda e, allo stesso tempo, non smette di cercare il marito.
Si iscrive all’università e diventa avvocato, per perseguire meglio la verità.
Diventata anche attivista, si batte per i diritti degli indios amazonici, la sua fama fa sì che collabori con l’Onu.

Solo nel 1994, 23 anni dopo, ottiene un certificato di morte del marito, il corpo è sparito come è accaduto a molti desaparecidos. È una vittoria, seppure misera.

Il film è tratto dal romanzo-memoire di Marcelo Paiva, figlio di Eunice e Ruben. Lo ha scritto per tenere viva la memoria quando la madre si è ammalata di Alzheimer e quando nel Paese si cominciava a perdere il ricordo della dittatura.

Al centro c’è la storia della famiglia Paiva, l’impatto devastante che la sparizione di Ruben ha avuto su di essa, il terrore, l’attesa e la capacità di Eunice di tenere insieme la famiglia e di coltivare con i figli la speranza. Nel film la recitazione non calca mai i toni tragici, ma si mantiene asciutta ottenendo un grande impatto sugli spettatori.

Il regista Walter Salles, lo stesso de I diari della motocicletta e Central do Brasil, era un frequentatore della casa di Rio dei Paiva che ha ricostruito fedelmente. Nel film sono inserite foto e filmati con cineprese amatoriali e nei titoli di coda sono visibili le foto dei protagonisti reali della vicenda.
Il film è candidato a tre premi Oscar. L’attrice Fernanda Torres ha vinto il Golden Globe come migliore attrice drammatica, mentre nella scorsa Mostra del cinema di Venezia la sceneggiatura ha ottenuto il Premio Osella.

La dittatura militare in Brasile scattata il 1aprile del 1965 si concluse nel 15 marzo del 1985. I militari (definiti i Gorilla) presero il potere con l’appoggio degli Stati Uniti. (Ndr)

Trailer ufficiale del film “Io sono ancora qui”:
https://www.youtube.com/watch?v=kT2CGMG29Wk

Gruppo di famiglia nel film ”Io sono ancora qui”

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