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Compromesso, intelligenza e umorismo per combattere il fanatismo

Tempo di lettura: 4 minuti

Quel che accade in Israele e Gaza ci lascia disorientati e sgomenti. Per questo vale la pena di riprendere in mano un piccolo libro di Amos Oz Contro il fanatismo. È stato scritto nel 2002, in Italia pubblicato nel 2004, e racchiude alcuni testi di 3 conferenze che lo scrittore ha tenuto a Tubinga in Germania. A questo libro ha fatto seguito Cari fanatici che riprende gli stessi temi, uscito da noi nel 2020, due anni dopo la morte dello scrittore e considerato un po’ un suo testamento.

Il fanatismo è alla base di ogni terrorismo e nazionalismo. È insito nella natura dell’uomo, lo stesso Oz ricorda di essere stato un bambino fanatico, è stato “guarito” da un militare inglese che gli ha mostrato come le cose possono essere viste diversamente. I sintomi del fanatismo sono: il dogmatismo manicheo, la convinzione di essere nel giusto, la paura del diverso e, soprattutto, la volontà di rendere gli altri simili a sé, per il loro bene.I fanatici vedono, infatti, gli altri come persone da redimere o, quando questo sia impossibile, da annientare per poter purificare il mondo.

Nel conflitto tra ebrei israeliani e arabi palestinesi non ci sono, come spesso gli viene chiesto, “buoni” o “cattivi”, c’è semmai una tragedia fra un diritto e un altro diritto.

Già nel 1967, a una settimana della vittoria nella Guerra dei 6 giorni, Oz era tra i pochissimi che propugnavano una soluzione binazionale per la Palestina e Israele. Ovviamente fu accusato da alcuni di essere un traditore. Nel 2014, invece, è stato uno dei firmatari, con gli amici colleghi Grossman e Yehoshua, della petizione inviata ai Parlamenti europei perché riconoscessero la Palestina come Stato.

Un antidoto al fanatismo è saper mettersi nei panni degli altri. Per esperienza personale (delizioso il suo racconto di bambino portato in un bar ad assistere alle infinite discussioni dei suoi genitori con altri intellettuali con la promessa di un gelato, discussioni che lo hanno allenato a studiare il comportamento di altri avventori, capirlo e a inventarsi storie su di loro) e del suo essere romanziere. Oz è capace di comprendere il punto di vista degli altri anche dei più fanatici. La soluzione che propone al fanatismo è il compromesso. Spesso questo è considerato «una mancanza di integrità, di dirittura morale, di consistenza, di onestà». Al contrario, per lo scrittore israeliano il compromesso «è sinonimo di vita. E dove c’è vita ci sono compromessi […] Il contrario di compromesso è fanatismo, morte».

Cercare un compromesso non è arrendersi, né porgere l’altra guancia, semmai «incontrare l’altro più o meno metà strada». In genere i compromessi non sono felici, anzi «Un compromesso felice è una contraddizione. Un ossimoro».

Quanto alla lotta fra ebrei israeliani e arabi palestinesi non è una guerra di religione, benché fanatici su entrambi i fronti stiano cercando di renderla tale. Di fatto non è altro che un conflitto territoriale sulla dolente questione del «a chi appartiene questa terra?». Insomma, «è un conflitto fra un diritto e l’altro, fra due vigorose convincenti rivendicazioni dello stesso piccolo paese. Non una guerra religiosa nemmeno una guerra fra culture non un disaccordo fra due nazioni ma semplicemente una disputa immobiliare sulla proprietà dello stabile».

Anche il senso dell’umorismo si rivela un’ottima terapia contro il fanatismo. Sembra che umorismo e fanatismo siano incompatibili, poiché l’umorismo implica la capacità di ridere di sé stessi, di vedersi come ti vedrebbero gli altri. I fanatici, invece, al massimo possono avere un profondo senso del sarcasmo.

Sui due diritti contrapposti Oz scrive: «I palestinesi sono in Palestina perché la Palestina è la patria, l’unica patria del popolo palestinese». Così gli ebrei israeliani sono in Israele, perché non esiste altro paese al mondo che gli ebrei in quanto popolo abbiano mai potuto chiamare “casa”. I palestinesi hanno cercato di vivere in altri paesi arabi, ma sono stati respinti e persino perseguitati.

In questo modo sono diventati consapevoli della loro “palestinesità”. Sono consapevoli che la Palestina è l’unico paese sul quale possono contare. Il popolo ebraico ha un’esperienza storica parallela alla loro: gli ebrei sono stati espulsi dall’Europa; Oz ricorda che i suoi genitori sono stati letteralmente cacciati dall’Europa negli anni ’30. Allora suo padre in Polonia vedeva scritte che dicevano: Ebrei andatevene in Palestina, se non peggio e quando, cinquant’anni dopo, ha fatto ritorno in Europa i muri erano coperti delle scritte: Ebrei fuori dalla Palestina.

Palestinesi ed ebrei si contendono la stessa terra per le stesse ragioni, da qui la tragedia. Da qui la necessità di un compromesso, che non è capitolazione, neppure prevede che uno dei due popoli debba mettersi in ginocchio anche se non sarà indolore.

Quanto a Israele lo scrittore ricorda che è nato proprio dalla difficile unione tra l’ebraismo della tradizione e la moderna civiltà libertaria e pluralista. Oz ricorda ai suoi concittadini tradizionalisti che il cuore della “fiamma interiore dell’ebraismo” sta nell’aspirazione alla giustizia nel «non causare sofferenza» e «non fare agli altri ciò che non vuoi sia fatto a te», principi di reciprocità e di solidarietà che poco hanno a che fare con quell’idea del conflitto permanente tra Israele e il resto del mondo come fondamentale pilastro identitario. Così come non lo ha l’idea della destra israeliana e dei coloni sul diritto degli ebrei su tutta la terra di Israele e l’occupazione dei Territori.

Per Oz il vero rimedio contro il fanatismo e il conflitto israelo-palestinese è il senso di realtà e convenienza che nasce dall’intelligenza. Ogni ebreo e ogni arabo d’Israele può pensare: non mi piace arrivare a un compromesso con chi ha fatto tanto male al mio popolo, non sono neppure sicuro di voler o poter perdonare, ma ciononostante lo accetto.

In Cari fanatici c’è una bella analisi sul carattere ribelle dell’ebraismo e le discussioni anche nei confronti di Dio, nonché sul valore della buona pratica di lettura collettiva nelle famiglie e discussione dei libri affinché ciascuno apprenda i vari punti di vista e li accetti.

Accanto a questo ci sono molteplici riflessioni come quella sulla globalizzazione che prevede una infantilizzazione delle persone.

Infine, una nota sul linguaggio molto pragmatico che talvolta Oz usa per parlare del conflitto ricorrendo a termini insoliti come divorzio, spartizione dell’appartamento di famiglia, ecc. Un lato pragmatico che gli deriva da una nonna che, per esempio, risolveva la disputa tra cristiani ed ebrei sulla questione del Messia che era costata persecuzioni e massacri dicendo che bastava aspettare e vedere. Se il Messia arrivando avesse detto: «Salve è bello rivedervi» allora avrebbero avuto ragione i cristiani, se, al contrario, il Messia arrivando avesse pronunciato la frase: «Piacere di conoscervi» allora la ragione l’avrebbero avuta gli ebrei.
Lei si che era drasticamente immune dal fanatismo!

Copertina: Amos Oz – 4 maggio 1939, Gerusalemme – 28 dicembre 2018, Tel Aviv

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