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India-Pakistan, ritorna l’eterna guerra?

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Il giovane ufficiale della marina, Vinay Narwal, si era sposato il 16 aprile. Con la sua nuova moglie Himanshi aveva scelto il Kashmir per la luna di miele. Nell’immaginario indiano, il Kashmir – la regione montana contesa tra India e Pakistan – è sempre stata una destinazione romantica, spesso immaginata come un paradiso sulla terra, con montagne innevate, lussureggianti valli verdi e bellissimi laghi. Narwal e Himanshi erano arrivati il 21 aprile e sarebbero rimasti almeno fino al 1 maggio in tempo per festeggiare il compleanno di Narwal. Ma il giovane ufficiale è stato ucciso a bruciapelo nell’attentato terroristico a Pahalgam il 22 aprile quando 5 militanti islamici armati hanno massacrato 26 turisti principalmente Hindu.

Il turismo era tornato con prepotenza in Kashmir da quando il governo guidato dal primo ministro Modi aveva revocato lo statuto speciale a questa regione contesa nel 2019. Promuovendo il ritorno del turismo, il governo indiano aveva cercato di dare un chiaro segnale che le sue azioni avevano posto fine all’era di violenza in Kashmir. Il 2024 aveva registrato un record di 3 milioni di visitatori.

Ma fino ad allora, il Kashmir era rinomato non per le sue bellezze naturali ma per i numerosi attacchi terroristici – spesso per procura e sostenuti dai servizi segreti Pakistani – che si intensificarono negli anni 90 a tal punto da costringere Nuova Delhi ad intervenire col pugno di ferro, di fatto creando un vero e proprio stato di polizia. Nuova Delhi ha infatti mobilitato ad oggi oltre mezzo milione di militari facendo del Kashmir una delle zone più militarizzate al mondo.

L’apparente clima di prosperità e stabilità pubblicizzato dal governo Modi, in realtà era stato visto dai kashmiri come l’inizio di periodo di governo particolarmente oppressivo. Le conseguenze delle riforme del 2019 hanno portato a una repressione dell’attività politica e della libertà di espressione con un conseguente dispiegamento di 40,000 soldati aggiuntivi.

È stato questo clima di paura che ha favorito una apparente pace e normalità. Ma l’immagine di un Kashmir più pacifico presentata dal governo ha anche portato a sottovalutare i rischi per la sicurezza.

Si capisce dunque come l’attacco del 22 aprile sia stato uno choc per Nuova Delhi. Non è certo la prima volta che i militanti islamici attaccano in Kashmir. Ma è la prima volta dal 2008 (l’anno dell’efferato attacco terroristico a Mumbai) che le vittime sono dei civili. Le immagini dei cadaveri e dei familiari traumatizzati trasmesse sui canali televisivi e sui social media hanno scosso profondamente la nazione, scatenando un furore nazionale.

L’immagine di un Kashmir pacifico è stata ridotta in brandelli in un sol colpo. Le famigerate forze di sicurezza indiane si sono rivelate poco preparate e la decisione dei militanti di uccidere solo cittadini di religione Hindu ha sferzato un duro colpo alle politiche identitarie del governo Modi. È ormai sotto gli occhi di tutti: le politiche repressive della destra indiana non hanno fanno altro che alimentare le fiamme del terrorismo militante islamico invece che portare pace e normalità al Kashmir.

Si comprende dunque la risposta dura del governo indiano. Modi ha dichiarato che è giunto il momento di radere al suolo ciò che resta di questo rifugio del terrore e che il governo inseguirà i responsabili “fino ai confini del mondo”. Qualche giorno dopo aveva dato piena libertà operativa alle forze armate.

Ci sono volute due settimane perché Nuova Delhi sferzasse un attacco militare. Nella notte del 7 maggio, l’India ha lanciato missili e colpito almeno 9 siti in Pakistan e nel Kashmir amministrato dal Pakistan causando morti e feriti. Islamabad ha replicato conducendo attacchi contro il territorio indiano e uccidendo diverse persone, ma anche abbattendo, sembra, almeno cinque caccia nemici.

Non è un caso che New Delhi abbia deciso di chiamare l’operazione di rappresaglia contro il Pakistan Sindoor. Sindoor è il vermiglio, la polvere che le donne indiane applicano sulla scriminatura dei capelli per indicare il loro status di donne sposate ma che smettono di usare una volta divenute vedove, proprio come dovrà fare adesso Himanshi, la giovanissima vedova di Vinay.

Il timore adesso è di una escalation. l’India e il Pakistan sono in possesso di armi nucleari e hanno la capacità ad usarle.

Nonostante Delhi abbia dichiarato che l’attacco sia stato misurato, la rappresaglia indiana per l’attentato terroristico si distingue per il suo ampio ambito. Non solo ha preso di mira contemporaneamente le infrastrutture di tre grandi gruppi militanti con sede in Pakistan, ma per la prima volta dal 1971 (ultimo conflitto trai i due paesi) Nuova Delhi ha anche ha colpito al cuore del Punjab pakistano (non si è limitato a colpire obiettivi nella regione contesa).

Da parte sua, il primo ministro Pakistano Shehbaz Shari ha affermato che l’India ha condotto attacchi “vigliacchi” e ha avvertito che il suo Paese «ha tutto il diritto di rispondere con la forza a questo atto di guerra imposto dall’India». Ha autorizzato le forze armate ad intraprendere azioni corrispondenti. La maggioranza degli esperti concorda sul fatto che una risposta da parte del Pakistan sia inevitabile. Questa potrebbe essere un’opportunità per l’esercito pakistano di riconquistare il sostegno pubblico, in particolare dalle classi medie urbane che lo hanno recentemente criticato per la percezione di interferenza politica.

In passato tensioni fra i due paesi erano state disinnescate dall’intervento decisivo e dalle pressioni diplomatiche di Washington. Resta da vedere se l’amministrazione Trump sia in grado di intervenire. Nel frattempo, il Regno Unito ha dichiarato di essere pronto ad aiutare entrambi i paesi per alleggerire la situazione, mentre il portavoce del Ministero degli Esteri cinese Lin Jian ha detto che la Cina è disponibile a “svolgere un ruolo costruttivo” per allentare le tensioni tra i due paesi.

Per ora, il rischio di un’ulteriore escalation rimane elevato, rendendo questa la crisi India-Pakistan ancora più pericolosa delle tensioni del 2016 e 2019.

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