
La rivoluzione di Papa Francesco
Quante parole lanciate al vento per ricordare Papa Francesco, parole gentili, sincere, affettuose. Ma anche tante parole inadatte, inappropriate, fuori luogo, accompagnate da inutili sproloqui, sciocchezze a gaffes. Tutto questo vociare sui media, raramente sincero, veniva espresso per convenienza, esibizionismo, per dovere diplomatico.
Le parole dei politici rivolte a Francesco, da Trump – che sarà presente ai funerali – a Putin sono state di cordoglio e di elogio, insieme a quelle provenienti dai capi di stato di tutto il mondo. Ad eccezione dell’assordante silenzio di Netanyahu che oltre a tacere ha imposto alle ambasciate di Israele di cancellare i messaggi di condoglianze trasmessi attraverso i social. È stata una meschina vendetta contro le parole del Papa espresse sull’eccidio del popolo palestinese.
È stato diverso il comportamento verso il Papa della comunità ebraica di Roma il cui rabbino Riccardo Di Segni ha dichiarato: «Noi saremo presenti nel giorno di Shabbat per rendere omaggio a un uomo eccezionale».
Niente di eccezionale invece nel cordoglio del governo dell’Italietta: solo banalità nelle parole della Meloni e altri, mentre il ministro della protezione civile Musumeci ha dichiarato che i festeggiamenti per il 25 aprile «saranno consentiti con la dovuta sobrietà».
E negli altri anni come venivano organizzati? Con sfilate di folle urlanti e armate? Oppure con ragazze in abiti discinti che ballavano a ritmi di samba? Forse avrebbe fatto bene a tacere, come ha taciuto sulle partite di calcio che sono infestate da tifosi che non conoscono affatto la parola sobrietà. Ma quei tifosi portano voti ai neofascisti.
Sono riuscito a salvarmi da questa confusione di parole, grazie alla lettura appena terminata di un libro. Si tratta di Il folle di Dio alla fine del mondo, scritto dallo spagnolo Javier Cercas, un libro su Papa Francesco, un libro unico che nessuno aveva avuto l’opportunità di scrivere.
«Sono ateo. Sono anticlericale. Sono un laicista militante, un razionalista ostinato – inizia Cercas – Però eccomi qua in volo verso la Mongolia con l’anziano vicario di Cristo sulla terra, pronto a interrogarlo sulla resurrezione della carne e la vita eterna. Perciò mi sono imbarcato sull’aereo per chiedere a Papa Francesco se mia madre vedrà mio padre al di là della morte e per portare a mia madre la sua risposta». E questa risposta ci sarà nelle ultime pagine, mentre nel resto del volume si parla di Bergoglio e della sua Chiesa di Roma.
A Cercas era stato chiesto dal Vaticano, e forse su un’idea del Papa, di scrivere un libro sulla Chiesa. Una richiesta insolita fatta proprio a un convinto anticlericale. Gli avevano dato “carta bianca” e garantito la totale assenza di qualche censura. Lui aveva posto la sola condizione di potere avere la possibilità di parlare col Pontefice per pochi minuti. E così è stato: il 31 agosto del 2023 lo scrittore era salito sull’aereo del Papa per raggiungere la Mongolia.
Nel libro, cui si è dedicato subito dopo il ritorno, lo scrittore espone un lungo ritratto del Papa a partire dalla biografia per seguirne il pensiero con tutte le conseguenze nate dalla sua missione di Vicario di Cristo spesso osteggiata da un certo mondo politico e anche dalla parte più conservatrice dell’episcopato.
Bergoglio era stato definito un Papa comunista oppure peronista, un rivoluzionario. In realtà era una Papa che aveva creduto realmente nella missione del cristianesimo e aveva scelto con molta umiltà il nome di Francesco, “il folle di Dio” come si era proclamato il Santo. La missione che il Pontefice si era proposta era quella che la Chiesa doveva ritornare tra gli umili, i poveri, abbondonando il fasto e gli orpelli del recente passato.
Era questa la sua rivoluzione così ben descritta dall’ateo Benedetto Croce citato da Cercas: «Croce riteneva che il cristianesimo avesse operato la più grande rivoluzione della storia, una metamorfosi radicale che aveva avuto luogo “nel centro dell’anima, nella coscienza morale degli esseri umani” e aveva dotato il mondo di “una nuova virtù, una nuova qualità spirituale che fino allora era mancata all’umanità”.
Uno degli scrittori preferiti dal Papa Francesco era G.K. Chesterton, intellettuale cattolico nell’Inghilterra anglicana (1874-1936). Il suo eroe era san Franceso d’Assisi, il “folle di Dio”, l’incarnazione dell’umiltà. Bergoglio quando era Cardinale in Argentina si recava il meno possibile a Roma perché rappresentava per lui «il cuore di tutto ciò che la Chiesa non deve essere: lusso, ostentazione, ipocrisia, burocrazia». Mancava di quell’umiltà che aveva segnato la sua nascita.
Infine Cercas aveva ottenuto la possibilità di parlare col Papa e fargli quella domanda sulla vita eterna. Francesco gli dette la risposta da trasmettere alla madre.