Due 82enni lasciano un’Italia gnucca e provinciale
La morte di due persone molto diverse tra loro, nello stesso giorno, con la stessa età, mi ha toccato per la mia piccola conoscenza personale dei due 82enni di nome Oliviero Toscani e Franco Piperno.
Il primo, un grande fotografo da qualcuno definito come il più celebre del mondo, il secondo un fisico, professore universitario, fascinoso leader sessantottino di Potere Operaio definito come cattivo maestro in un’epoca plumbea per l’Italia. Entrambi sono morti il 13 gennaio 2025. Entrambi sono stati trattati spesso con la misura dei loro più meschini detrattori.
Di Franco Piperno sono stato allievo (buono o cattivo, non so) così come di Toni Negri ricavandone alla fine, dopo tutte le vicissitudini, la convinzione che il mondo scaturito dalle nostre azioni non sarebbe stato migliore di quello che volevamo cambiare.
Di Oliviero Toscani ho chiara la luce che aleggiava intorno alla sua persona a Milano, quando io, giovanissimo, ho fatto l’assistente di diversi grandi fotografi che mal celavano l’invidia per questo uomo sgarbato e geniale che faceva tutte le copertine di Vogue.
Questo fatto l’ho raccontato a Toscani stesso pochi anni fa quando sono diventato suo ‘compaesano’ a Casale Marittimo, facendogli fare una risata.
Ora, dopo la sua morte, tra i molti giusti tributi al personaggio, è molta la pochezza di giudizio che ho potuto sentire dal mondo sovranista/populista nazionale che pone Toscani quando va bene tra i “radical chic”, e tra i commenti social nella sua stessa comunità territoriale. Ma è giusto ricordare che in una recente bella intervista di Francesco Merlo (La Repubblica) che gli faceva notare che dopo che si era ammalato molti si divertivano a svillaneggiarlo sui social, lui ha detto con la consueta velocità di reazione «Almeno non sono ipocriti» aggiungendo «Chissà invece i begli articoli che scriveranno gli ipocriti quando davvero sarò morto. Mi piacerebbe leggere il commosso rimpianto di quelli che da vivo mi volevano morto. Promettimi che scriverai: Oliviero era uno stronzo. E che racconterai la mia vita come una risata durata 82 anni».
Ecco la grandezza di un uomo che è stato soprattutto un artista di caratura mondiale al quale non si può chiedere moderazione e buon senso.
Di Franco Piperno ricordo la sua iniziativa durante il tragico e assurdo rapimento Moro. Si rese disponibile come mediatore per ottenere la liberazione dello statista nelle mani delle BR, insieme a Lanfranco Pace (PotOp pure lui) in dialogo con Claudio Signorile vicesegretario del Partito Socialista di Craxi, unica entità politica interessata a tentare una trattativa per la liberazione di Aldo Moro. Il fronte della cosiddetta “fermezza” (DC e PCI soprattutto) si oppose duramente all’iniziativa fino a invalidarla nonostante – si seppe più tardi – un canale di trattativa sarebbe stato possibile e addirittura già avviato con Moretti, carceriere di Moro.
La morte che si è presa nello stesso giorno due figure così diverse, mi ha suggerito una riflessione su come siamo sciocchi noi italiani, così gnucchi e provinciali. Nel presente non sappiamo riconoscere e apprezzare le risorse disponibili per migliorarci. Circa il passato non abbiamo nessun interesse a elaborare la storia con sguardo chiaro e pulito, così da non ripetere gli stessi errori. Sul futuro, va da se, non vediamo oltre la lunghezza del nostro naso.
Gli anni settanta in Italia sono stati sepolti sotto le macerie di un giudizio superficiale e grossolano, come ignorando che una generazione intera è stata coinvolta (a sinistra ma anche a destra) in una frenesia che anelava al cambiamento come necessità impellente e irrinunciabile, in conseguenza anche al trauma che è stata la strage di piazza Fontana del 12 dicembre 1969, nella quale storia ignobile sono riconosciute responsabilità di servizi segreti, investigatori, magistratura, politica. Persone come Franco Piperno, dopo aver pagato il loro debito con la giustizia, avrebbero potuto collaborare – trovando l’interesse dalla parte opposta della storia – per metabolizzare l’accaduto in una visione costruttiva comune a tutte le parti in causa.
Oliviero Toscani viveva in Toscana da 50 anni, e con attività importanti ha riqualificato ampi territori rendendoli attrattivi per altri investitori e turisti di tutto il mondo. Tuttavia è stato trattato sempre da ‘foresto’ dalla comunità toscana, tanto che, dopo la sua morte, nulla in Toscana succede di simile a Milano che lo ricorda con affetto e gli rende omaggio domenica 19 gennaio a Palazzo Reale, dove nel 2022 si era tenuta l’ultima grande mostra milanese a lui dedicata, “Viva Oliviero!”