
“Non mi sento pari”
“Vado in bagno”. “Non ce la faccio più, dov’è la toilette?”. Quante volte dico e sento chiedere accesso ad un luogo per soddisfare un bisogno essenziale come fare “pipì” o “cacca” o solo per mettermi in ordine?
Il mitico bagno, mi avvicino ed entro nel bagno, il più delle volte per singoli utenti, e vivo una storia di inclusione più o meno grande e di inerzia del passato.
Entro in un circolo-bar di un paesino delle colline pisane, chiedo il bagno e mi viene indicata una porta con un omino e una donnina stilizzati.
Apro e trovo la “turca”. Io, che porto gonne o pantaloni a gamba larga, mi trovo improvvisamente tra la caduta nel baratro puzzolente e il fondo degli abiti bagnati da qualcosa che non so, ma non mi piace.
E’ un’eredità di luoghi edificati più di cento anni fa e frequentati prevalentemente da persone sessualmente maschi. Tutti gli altri si devono adeguare. Non mi sono sentita pari!
Sono sempre in giro e quindi ho una bella esperienza di bagni più o meno pubblici.
Il top dell’accoglienza l’ho trovato sempre a Pisa, all’Università. Uno stabile antico con molti più anni del precedente circolino.
Anche qui il bagno è “unisex”, con una bellissima indicazione inclusiva, quella dell’immagine.
Finalmente il bagno è accessibile per tutti, maschi, femmine, lgbtqi, bambini con mamme e persone con disabilità spesso bisognose di essere assistite anche in un atto comune come quello della pipì o della cacca o semplicemente per rimettersi in ordine. Un bagno per ogni genere, ma soprattutto con tutti i supporti necessari per diverse abilità. Finalmente “Mi sono sentita pari!”
Insomma il mondo, o meglio il micro-cosmo in cui vivo, ha lenti più o meno buone per vedermi ed accogliermi… anche su un bisogno primario.
Uno slalom per riuscire a sopravvivere quando si è inadeguati e diversi… da chi? Forse da chi progetta o realizza un oggetto o forse dagli stereotipi e dalle strutture sociali che contaminano il pensiero delle persone riducono un po’ la libertà ad altre persone e forse anche a sé stessi, discriminando? Ci pensate ai costi enormi nella vita delle persone: del bagno ne abbiamo bisogno almeno cinque volte al giorno e per tutti i giorni della vita!!
Lo so stiamo parlando solo di cessi, ma è solo un piccolo sintomo della costruzione discriminatoria del nostro mondo o meglio del nostro microcosmo. Certo nel mondo che ho frequentato, ho visto cessi ben peggiori e sicuramente quello del circolo-bar era paritetico a quello che ho usato in alcune zone di Africa, Oriente o anche sud America un po’ meno ricche dell’Italia e con altri progressi culturali.
Però l’osservazione su un semplice cesso può far capire l’accoglienza e il progresso di un luogo facendomi sentire più o meno pari.
Provate ad entrare in un bagno nella vostra scuola o nel vostro palazzo municipale, in banca o supermercato, o nell’azienda in cui lavorate , potrete assaggiare la discriminazione incorporata nel luogo. E’ un piccolo esempio.
Luca Trapanese, il papà single e omosessuale di Alba, bimba con la Sindrome di Down, ha scelto di affrontare la diversità, guardandola come la condizione per non far sentire pari la persone solo perché diverse… Ma diverse da chi?