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Dopo trent’anni

Tempo di lettura: 3 minuti

E’ successo ancora.

Massimo aveva bisogno di una mano dal padre Lucio per montare gli insonorizzatori nel suo studio. Massimo è un artista ed ha attrezzato una stanza di casa a studio musicale con all’interno una quantità enorme di apparecchiature fittamente cablate tra loro con cui produce brani musicali per diversi artisti; si sa, il musicista è molto limitato nelle attività pratiche come tutti gli artisti ed è allora che si dà un colpo di telefono a papà. Stavolta però ci sono segnali positivi di crescita: “faccio io, dimmi come fare e poi faccio io così imparo”. Sorprendente.

Si mettono lì con calma e pazienza, spostano qualche presa elettrica, “ah, finalmente ho capito come si collegano i cavi elettrici!”. Cercano di prendere le misure con la maggior precisione possibile, fanno i tagli necessari e qui la sua passione personale per la cucina viene in aiuto nell’uso del coltello da taglio. Finalmente  completano l’opera. “Grande Pà, è venuto proprio bene, mi piace!!” Speriamo soprattutto che funzioni aggiunge Lucio mentre raccoglie gli attrezzi che hanno usato.

Poi Lucio si avvia a casa a prepararsi per andare nel pomeriggio da Antonio, l’altro figlio più grande, che ha bisogno di una mano per gestire i tre nipoti dato che lui e la sua compagna lavorano. Versione nonno Uber.

Tra uno spostamento e l’altro per fortuna ci scappano due parole tra padre e figlio. Oggi Antonio è in smart working e sta davanti al pc alle prese con una presentazione che dovrà fare nei prossimi giorni al suo CEO. “Me la dai una mano a rivedere questa presentazione?” E spiega a Lucio che il CEO conosce poco l’argomento, che ci sono una serie di altri attori pro e contro le azioni proposte e che il suo capo diretto si aspetta molto da questa presentazione.

Lucio nella sua vita professionale ne ha vissute molte di situazioni analoghe e si predispone ad una full immersion non facile. Le slide scorrono sul pc, gli argomenti sono poco noti a Lucio e Antonio presenta i contenuti quasi come se fosse la prova generale, ogni tanto Lucio chiede chiarimenti o torna indietro per rivedere qualcosa. Finalmente arrivano al termine e Lucio esprime i suoi commenti al figlio; “è vero, hai ragione questo lo devo cambiare“, “quindi questo lo presenteresti dopo?”, “credevo che con il grafico fosse più semplice”… Lo scambio prosegue finché Lucio guarda l’ora e dice che deve scappare a prendere Sveva che ha finito con gli scout: nonno Uber.

Il pomeriggio si conclude con gli ultimi giri per i nipoti e con il whatsapp di Antonio che preannuncia di aver fatto le modifiche alla presentazione e che gliela spedirà tra poco per mail.

Bene, finalmente si torna a casa con la consueta maledizione del traffico serale che sulla circonvallazione obbligherà Lucio ad una ventina di minuti di passo di lumaca ma tant’è almeno ha avuto la possibilità di parlare con i suoi tre nipoti da solo e senza interruzioni anche se soltanto una mezz’ora ciascuno scherzando, prendendoli in giro e facendosi raccontare anche qualcosa che magari il loro papà Antonio non doveva sapere.

Eccola la fila, animo in pace per la fortuna che la sua auto 100% elettrica è assolutamente rilassante per la guida in quelle condizioni e testa libera che comincia a vagare con leggerezza.

Lucio comincia a ricordare quando Antonio faceva l’ultimo anno di liceo e Massimo era nato da poco; diciassette anni di differenza, mica male come saggia riflessione prima di mettere al mondo un secondo figlio. E quando tornava a casa la sera dal lavoro, apriva la porta di casa e salutava a voce alta, via il cappotto, posata la valigetta si avviava nel corridoio di casa dove si affacciavano le stanze. “Ciao tesoro!”, ciao.

“Papà vieni a darmi una mano, devo ripetere Kant per l’interrogazione di filosofia”
“Lucio sì, ma prima vai subito da Massimo che piange, c’è da cambiargli il pannolino sporco, io sto finendo di preparare la cena”

Lucio sorride oggi ripensando a come si poteva passare in un attimo dalla m… alle vette del pensiero umano.

Oggi invece, smesso di lavorare da un po’ di anni, con i figli grandi, con il titolo di pensionato sulle spalle, con il titolo onorifico di nonno Uber, Lucio ha fatto l’operaio, l’elettricista, il montatore chino per terra o in cima alla scala per installare gli insonorizzatori di Massimo e poi ha revisionato, tra un turno di spostamento e l’altro, il lavoro di un ingegnere di una grande multinazionale per cercare di spiegare al meglio ad un CEO sprovveduto, un argomento di notevole importanza per la sua azienda.

Ancora una volta, mentre la fila si sposta un passettino dopo l’altro, Lucio sorride al pensiero che sia successo di nuovo dopo trent’anni.

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