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Isaac Singer alla Corte del padre

Tempo di lettura: 2 minuti

Leggendo Alla corte di mio padre del premio Nobel Isaac Bashevis Singer si capisce come sia diventato un attento osservatore dell’animo umano. Quando viveva in Polonia, nella casa di famiglia, il padre gestiva una corte rabbinica (Bet Din) qualcosa che assomigliava, come scrive lo stesso Singer, a un tribunale, una sinagoga, un luogo di studio e persino un lettino dello psicanalista.

Da bambino l’autore, fingendo di studiare o origliando dietro la porta, ascoltava le storie di persone che interrogavano suo padre per la sua profonda conoscenza delle scritture. Grazie al Bet Din ha incontrato le persone più diverse che si aggiravano a Varsavia intorno alla via Krochmalna e che cercavano di prendere una decisione in linea con Bibbia e Talmud.

Il libro è un insieme di racconti autobiografici; assistiamo anche al passaggio dall’infanzia all’adolescenza di Isaac, al suo incontro con libri proibiti, alla fascinazione nei confronti del fratello Israel (altro grandissimo scrittore) che aveva rotto con l’ortodossia famigliare per abbracciare la causa socialista. I racconti, 49, sono stati pubblicati su un quotidiano newyorkese e, riuniti, formano un quadro esaustivo della vita delle comunità ebraiche nell’Est Europa e della letteratura yiddish.

Tutto questo grazie alla corte rabbinica, dal padre passano le persone più disparate: anziani che decidono di divorziare come gesto di amore, per poter permettere all’uomo di avere i figli che non aveva avuto; una coppia di fidanzati decisi a cancellare il matrimonio programmato ma che litigano perché il padre di lei non vuole restituire i regali ricevuti.

In casa Singer passano anche uomini ossessionati dell’arrivo del Messia, poveri che sperano di raggiungere la Terra promessa e persino coloro che cercano 100 firme di rabbini per poter frequentare un’altra donna senza dover divorziare dalla loro moglie terribile.

La casa, corte, diventa un palcoscenico della vita agli occhi di un bambino; è anche il luogo della vicinanza tra padre e figlio in cui il genitore, per esempio, dopo aver trovato una soluzione a una a disputa tra ricconi, racconta al figlio la storia dei 36 giusti nascosti, della loro povertà e umiltà che si accompagnava alla loro grandezza.

La famiglia Singer viveva spesso in povertà, la sua vita dipendeva dalle offerte della comunità e dall’onestà degli esattori. Certi esattori trattenevano quote dalle offerte che dimezzavano le donazioni lasciando in difficoltà i Singer.

Per questo Isaac bambino non esita a divenire esattore e a garantire un sollievo alla famiglia.
Insomma, i racconti di Alla corte del padre danno vita a un libro pieno di sentimenti che talvolta scuotono la famiglia del rabbino e la comunità e a noi lettori forniscono conoscenze del mondo che sarà travolto dalla Shoa.
La traduzione di Silvia Pareschi restituisce la prosa limpida di Isaac Bashevis Singer.

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