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Quando le banche tradiscono i clienti

Tempo di lettura: 2 minuti

“È un film sulle persone, su un’umanità tradita, quella del lavoro che abbiamo così tanto oscurato negli ultimi anni. Nessuno ne parla più. Ho incontrato tante persone in questi anni, in cui ho rivisto la mia storia di lavoratore. Gli operai sono davvero i primi da tutelare, perché sono quelli che hanno sostenuto questo Paese quando cresceva. Non possiamo dimenticare tutto questo o far finta di nulla”. Lo dichiara Antonio Albanese parlando di Cento domeniche, il suo ultimo film da regista e interprete.

Antonio Riva è il protagonista di questa storia, è un neopensionato che dà ancora una mano al suo vecchio datore di lavoro – è un abile e preciso tornitore – in cambio di un orto e di un pollaio. Abita nel lecchese, il lato del lago di Como meno glamour. È separato dalla moglie e vive con la madre anziana in un trilocale d’altri tempi, ma così riesce pagare il mutuo. Fa parte di una squadra di bocce con cui fa e vince tornei locali. Ha anche un’amante, una donna benestante il cui marito è impegnato in un’industria delocalizzata all’estero.

Tutto prosegue in maniera ripetitiva, come accade nella provincia fino a quando la figlia, l’amata Emilia, gli annuncia di volersi sposare. Antonio adora la figlia e vuole per lei una festa memorabile, penserà lui al ricevimento, perché secondo tradizione “tocca al padre della sposa”. E allora va in banca, la banca che era la stessa di suo padre, della comunità, dove il cassiere e l’impiegato sono del paese, il “confessionale” come la chiama lui.

Nella banca del territorio ha tutti i suoi risparmi e chiede di ritirare il gruzzolo che gli serve. Non ci riesce, scopre che il direttore è cambiato, scopre anche di avere, quasi a sua insaputa, poiché si fidava del direttore, investito in azioni anziché in obbligazioni. Insomma, se vuole avere dei liquidi deve fare un prestito.

Ma qualcosa non torna, ci sono voci. Non convinto, sentendosi tradito, va più volte nella filiale a reclamare i suoi soldi, ma gli impiegati cincischiano, sono vaghi, prendono tempo. E allora Antonio da uomo mite, che crede alla parola data, che rispetta i patti, si ribella. Chiede ciò che gli spetta, anche perché anche i giornali parlano di fallimento della banca. Sono gli anni in cui alcune banche giocano un po’ troppo con la finanza bruciando i risparmi e le vite dei loro clienti.

Antonio non si capacita, rifiuta anche gli aiuti degli amici e della figlia, avanza dei diritti. Lui è un uomo che si fida, nel suo mondo la fiducia è la base di tutto, tanti come lui fanno la fila per avere risposte, un gruppo si prepara alla class action. Ma per Antonio c’è qualcosa di più: il fallimento della banca è la fine del suo mondo, dei suoi sogni e della sua comunità fatta da quelle brave persone che hanno retto e reggono l’intero paese. Da qui la furia di un uomo mite monta fino a un gesto radicale.

Albanese è perfetto per il suo personaggio come lo è l’intero cast che riporta sulla scena la vita della provincia e delle persone più umili perché come ripete il regista in una recente intervista: “C’è bisogno di tornare a parlare di dignità del lavoro, di rispetto della persona, di giustizia sociale.”

Copertina: Un fotogramma del film di Albanese

Trailer del film: https://www.youtube.com/watch?v=G9DyDw66FDI

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