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“Antifascisti immaginari”? La Destra ringrazia

Tempo di lettura: 3 minuti

Antifascisti immaginari. Se l’autore di questo libro – pamphlet, Antonio Padellaro, si fosse ricordato di quanto accadde nell’Italia immediatamente dopo la fine della Prima guerra mondiale, forse avrebbe rinunciato a scriverlo. Mi permetto di coprire quel suo vuoto di memoria ricordando che alle elezioni politiche del 1919, il partito di Mussolini – chiamato “Fasci italiani di combattimento” – ottenne in tutta Italia poco meno di 5000 voti.

I socialisti, divenuto il primo partito col 33% di voti, organizzarono un funerale farsa di Mussolini e del suo movimento. Poi non gli dettero importanza per qualche tempo: i massimalisti volevano la rivoluzione bolscevica, ma solo a parole, spaventando l’opinione pubblica mentre Il futuro duce pensava di abbandonare la politica. E allora come mai appena tre anni dopo riuscì a diventare presidente del Consiglio e a conservare il potere dittatoriale per 20 anni?

Come aveva fatto prima del conflitto quando da direttore dell’Avanti e anti interventista, accettò di cambiare bandiera grazie al denaro preso dai servizi segreti francesi e britannici. Dopo la sconfitta elettorale del ’19 si fece finanziare da agrari e industriali per combattere i “bolscevichi” italiani. Fu aiutato in una guerra mercenaria contro i “sovversivi” anche dai governi liberali e dalle forze dell’ordine che gli fornivano armi e automezzi per assaltare le camere del lavoro, i giornali di sinistra e compiere assassinii.

Il vecchio nome del suo movimento cambiò in fascismo, un termine che non ha mai smesso di perseguitarci non solo a parole ma anche con fatti tragici nell’Italia democratica. Padellaro ha forse dimenticato i tempi degli attentati? I tempi del Corriere della sera diretto da Spadolini che continuava a sostenere la colpevolezza degli anarchici, di Valpreda e la tesi del “suicidio” di Pinelli sino a quando quel direttore venne licenziato in tronco. Anche durante lo squadrismo il Corriere di Albertini chiudeva gli occhi di fronte al fenomeno. Se ne pentì dopo l’assassinio di Matteotti.

Nel libro c’è anche la prefazione firmata da Marco Travaglio, indomito difensore di Putin che attribuisce tutte le colpe della guerra all’Occidente, alla Nato, agli Ucraini. Addirittura è arrivato a criticare la Finlandia che ha predisposto delle difese nel proprio territorio ai confini con la Russia dopo che questa vi ha ammassato le sue truppe.

Ricordando il Corriere, Travaglio sulla cacciata di Spadolini nel 1972, affermò che quel giornale “si era buttato a sinistra”. In realtà il nuovo direttore Piero Ottone, lo aveva aperto alla verità a partire dall’attentato di piazza Fontana dando spazio alle notizie sindacali, a quelle dei partiti di sinistra, a alle classi minori della società.

Travaglio ha sempre avuto il dente avvelenato contro il quotidiano perché aveva costretto alle dimissioni il suo mentore Indro Montanelli che ai tempi di Spadolini era l’ideologo della politica reazionaria e “cieca” del giornale. Se ne andò seguito da un gruppo di vecchi tromboni che provenivano dal giornalismo prebellico.

Il cambiamento del clima nelle redazioni dovrebbe ricordarselo Padellaro, molto combattivo nel battersi per un giornalismo democratico. Ricordo i suoi giusti interventi quando veniva a Milano alle assemblee dei redattori; ricordo le sue battaglie quando la P2 si era impossessata del giornale.

Già, la P2. Non era forse una forma di fascismo, caro Padellaro? Hai dimenticato il clima di quei tempi e non vedi quanto accade nel Paese: gli stretti legami tra i vertici del governo e CasaPound; le manifestazioni nostalgiche vietate dalla legge ma tollerate dalle forze dell’ordine; l’aver trasformato il Parlamento nella curva di un campo di calcio; la legge sui “decreti sicurezza”, la “legge bavaglio” sulla stampa; le intrusioni telematiche nel lavoro dei giornalisti che hanno indagato sul neofascismo di oggi.

Secondo Padellaro sono antifascisti immaginari i cinquemila abitanti della Spezia che giorni fa hanno ostacolato lo svolgersi di una manifestazione di alcune centinaia di nostalgici appartenenti a Casa Pound  che marciavano facendo il saluto romano e inneggiando al passato regime? Non erano fascisti coloro che a Roma avevano assaltato e distrutto la sede della Cgil?

Pur non volendolo questo libro ha fatto un regalo a questa destra reazionaria che ringrazia: basta leggere i titoli apparsi sui giornali che si chiamano Il Giornale, Libero, La verità, Il Tempo.

Ha creato un paradosso: il Fatto quotidiano, giornale diretto da Travaglio e fondato da Padellaro, ha pubblicato tante inchieste sulla destra che ci governa. E poi l’autore del pamphlet sugli antifascisti fornisce stupidi argomenti per attaccare e ridicolizzare la sinistra.

Oltre a citare La nausea di Sartre, Padellaro avrebbe dovuto includere anche La Peste di Camus dove viene messa in risalto l’apparizione del fascismo nella veste dei topi portatori dell’epidemia.

Se l‘antifascismo non piace a Padellaro e Travaglio, si potrebbe dargli un nome diverso. Ma il fascismo esisterebbe ugualmente grazie a coloro che organizzano manifestazioni nostalgiche con saluti al duce e apparati del vecchio regime. Sono questi personaggi che insistono a definirsi fascisti. Allora perché noi non dobbiamo dichiararci anti?

Mi permetto di ricordare la frase del presidente Mattarella: «È sempre tempo di resistenza».

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