
Elezioni comunali: vittoria di Pirro?
A Genova dopo otto anni è tornato un sindaco progressista, non dico di sinistra o di centro sinistra. “Progressista” si è detta Silvia Salis, campionessa olimpionica neoeletta sindaca, nelle prime dichiarazioni alla stampa. Del suo breve intervento hanno sorpreso la pacatezza delle parole espresse con molto equilibrio. «Aprirò il dialogo con i cittadini e spero di farlo anche con l’opposizione: non abbiamo l’arroganza di dare lezioni a nessuno».
Penso sia stata una velata risposta agli sgradevoli attacchi dalla destra che durante la campagna elettorale ha fatto tante battute volgari e dozzinali sul suo conto. «La destra ha cercato di spostare tutto sul piano personale, ma ho chiesto alla nostra coalizione di usare toni e modi degni del mandato che ci è stato dato», ha detto con un tenue sorriso.
I giornali prostrati ai piedi dell’attuale potere cercano spesso di imitare il Vernacoliere, ma i tentativi di fare una satira come quella del periodico livornese si arenano sempre nella stupidità degli insulti.
Questa arroganza fatta di parole dure e mancanza di rispetto, non aiuta a costruire un dialogo costruttivo e può contribuire a creare divisioni invece di soluzioni condivise. È importante che i rappresentanti politici ricordino che il loro ruolo è quello di servire il Paese con umiltà e rispetto, ascoltando le esigenze di tutti i cittadini e promuovendo un confronto civile e costruttivo.
Invece la rozza e arrogante villania parte dai massimi vertici del governo e si estende ai parlamentari, per arrivare in basso sino agli ominicchi e le donnette del piccolo potere. Non accettano critiche, considerano gli avversari politici come nemici da insultare. Le eccezioni sono poche: faccio i nomi dei ministri Guido Crosetto, un gentleman, e Antonio Tajani; si aggiungono pochi altri provenienti dalla vecchia scuola della politica. Il resto è una massa incivile di ignoranti simile a quella del popolo delle curve che li vota.
Anche gli occupanti di Palazzo Chigi sono privi del senso dello Stato, non posseggono quella autorevolezza dei politici di un tempo, tra i quali lo scontro con gli oppositori non arrivava mai agli insulti. Dominava la dialettica.
La Meloni non offre e non ha l’immagine della statista, non proviene da una vera tradizione politica, pensa di poter governare senza tener conto che al di fuori del suo partito esistono idee, programmi, progetti, tendenze diverse dalle sue. Non ascolta e non ammette di venire contraddetta, soprattutto dai giornalisti a tal punto da respingere le conferenze stampa. Si illude che attraverso i suoi viaggi, spesso a Washington, le diano tanto prestigio senza capire che il carisma dipende dai fatti. Morale: l’Italia non è in buone mani.
Tornando alle elezioni di domenica scorsa la destra non ha vinto e la vittoria dei “progressisti “a Genova e Ravenna era scontata. Buone speranze ci sono per i ballottaggi di Taranto e Matera. Tuttavia i segnali positivi di questa consultazione sono deboli: c’è stato un leggero aumento della partecipazione, ma risibile se pensiamo che su due milioni di elettori ha votato poco più della metà. A vincere realmente è stato il progetto del “campo largo” dimostrando che l’unione di tutta l’opposizione può battere questa destra.
Per quanto riguarda Genova il merito è stato di Silvia Salis che è riuscita a raccogliere intorno al suo nome tutte le opposizioni: «Basta guardare i numeri e se andiamo insieme vinciamo», aveva detto nel giorno in cui si era candidata. È vero, bastava guardare i numeri come avrebbe dovuto fare l’opposizione prima di essere battuta alle politiche del 2022.
La leader del PD Elly Schlein ha tirato un sospiro di sollievo, ma è durato poco: poche ore dopo Giuseppe Conte, il capo dei 5Stelle, aveva già espresso posizioni in disaccordo con l’unità tra i vari partiti, ponendo una serie di distinguo. Un’altra prova sarà il prossimo referendum nel quale il campo largo quasi certamente si restringerà.
Quindi per battere la destra alle future “politiche” è necessario che la sinistra torni alle sue antiche tradizioni creando una vera progettualità e abbandonando le contraddizioni che da anni ne ostacolano la crescita. Infine che Conte decida su che cosa “vorrà fare da grande”. Nel frattempo la Camera ha approvato, con il sistema della fiducia, il “decreto sicurezza” che ricorda il codice Rocco del fascismo. Mi scuserà Antonio Padellaro, autore di Antifascisti immaginari se ho usato la parola fascismo.