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La vera America ha gettato la maschera

Tempo di lettura: 5 minuti

I politici e giornalisti che nei talk show trattano della crisi dei dazi provocata da Trump, nel riferirsi al presidente USA ne danno spesso l’immagine di un uomo insensato, illogico, fuori di senno. Forse lo fanno per esorcizzare una realtà diversa, quella autentica di un uomo lucidissimo, un affarista spietato, attorniato da tanti suoi simili.

La storia americana è piena di simili soggetti, di magnati senza scrupoli con una incontenibile sete di potere e di denaro. Sono quei “cattivi” protagonisti di molti film e romanzi, il cui finale si conclude con la vittoria dei “buoni” e della giustizia. Un classico è il film Quarto potere, del 1941, diretto da Orson Welles che si era ispirato alla vita del magnate William Randolf Hearst. Il protagonista è un ricchissimo editore di giornali incapace di rispettare il prossimo se non “alle sue condizioni”. Finisce che da vecchio e morente viene abbandonato da tutti i suoi falsi amici.

Ma ancora più vicino a quanto accade oggi è Il tallone di ferro, romanzo quasi dimenticato di Jack London, pubblicato nel 1907.È un testo profetico che analizza la politica del capitalismo dei suoi tempi e appare come una chiaroveggenza sul futuro del capitalismo che opprime e distrugge ogni immagine di giustizia sociale.

L’eroe del romanzo è Ernest Everhard, socialista che combatte contro Il tallone di ferro, una consorteria di oligarchi al potere che opprime in nome del profitto, le classi sociali inferiori.

In fondo gli Stati Uniti non sono cambiati molto da quando conquistarono l’indipendenza e vararono una moderna costituzione: quella società “democratica” mantenne lo schiavismo per una settantina di anni, trasformandolo dopo in segregazione razziale; poi “civilizzò” i nativi con il genocidio. Infine con la scusa di combattere il comunismo intervenne sulle democrazie di molte nazioni “amiche” attraverso la Cia che organizzò colpi di stato a catena.

Un breve esempio: il generale Vernon Walters, addetto militare presso l’ambasciata a Roma fu accusato di aver organizzato nel 1963, insieme al comandante dei carabinieri generale De Lorenzo, il “Piano Solo”, che avrebbe dovuto abbattere il governo di centro sinistra (Dc-Psi).

Nel ‘64 fu trasferito in Brasile, sempre come addetto militare, dove si occupò del golpe dei generali che destituirono il progressista presidente Goulart eletto democraticamente. Infine nel ’67, andò in Grecia per “dare una mano” al golpe dei colonnelli. Nel 1972 fu nominato direttore della Cia. Nell’organizzare altri colpi di stato ci pensò poi Kissinger, premio Nobel per la pace. Il tutto accadeva mentre a Washington i presidenti parlavano di democrazia e di libertà. Pertanto non bisogna meravigliarci se siamo arrivati a questi giorni in cui la vera America ha gettato la maschera.

Aggiungo a questa premessa il discorso di qualche giorno fa pronunciato al Senato di Washington dal senatore democratico Bernie Sanders che non teme di proclamarsi “socialista”.

Nell’ immagine Bernie Sanders mentre parla al Senato di Washington

Discorso di Bernie Sanders al senato degli Stati Uniti.
«Non mi capita spesso di ringraziare Elon Musk, ma ha fatto un lavoro eccezionale nel dimostrare un punto che sosteniamo da anni: viviamo in una società oligarchica in cui i miliardari non solo dominano la politica e le informazioni che consumiamo, ma anche il nostro governo e le nostre vite economiche.

E oggi questo è più evidente che mai. Ma dato il clamore e l’attenzione che il signor Musk sta ricevendo nelle ultime settimane mentre smantella illegalmente e incostituzionalmente le agenzie governative, mi sembra il momento giusto per porre una domanda che i media e la maggior parte dei politici evitano: cosa vogliono davvero lui e gli altri multimiliardari? Qual è il loro obiettivo finale?

A mio avviso, ciò per cui Musk e chi gli sta attorno stanno lottando con tanta aggressività non è qualcosa di nuovo, né di complesso. È ciò che le classi dominanti hanno sempre desiderato e creduto fosse loro di diritto: più potere, più controllo, più ricchezza. E non vogliono che le persone comuni e la democrazia intralcino il loro cammino.

Elon Musk e i suoi colleghi oligarchi vedono il governo e le leggi semplicemente come ostacoli ai loro interessi e a ciò che ritengono di meritare.

Nell’America prerivoluzionaria, la classe dominante governava attraverso il “diritto divino dei re”, la convinzione che il re d’Inghilterra fosse un agente di Dio, e quindi non dovesse essere messo in discussione. Oggi, gli oligarchi credono che, in quanto padroni della tecnologia e “individui dall’intelligenza superiore”, abbiano il diritto assoluto di governare. In altre parole, sono i re dei nostri tempi.

E non si tratta solo di potere. 
È una questione di ricchezza sconfinata. Oggi, Musk, Bezos e Zuckerberg hanno una ricchezza combinata di 903 miliardi di dollari, più di quanto possieda la metà più povera della società americana, 170 milioni di persone. Dall’elezione di Trump, incredibilmente, la loro ricchezza è esplosa. Elon Musk è diventato 138 miliardi di dollari più ricco, Zuckerberg 49 miliardi più ricco e Bezos 28 miliardi più ricco. Sommando il tutto, i tre uomini più ricchi d’America hanno accumulato 215 miliardi di dollari in più dal giorno delle elezioni.

Nel frattempo, mentre i ricchi diventano sempre più ricchi, il 60% degli americani vive di stipendio in stipendio, 85 milioni non hanno un’assicurazione sanitaria adeguata, il 25% degli anziani cerca di sopravvivere con meno di 15.000 dollari all’anno, 800.000 persone sono senzatetto e gli Stati Uniti hanno uno dei tassi di povertà infantile più alti tra i paesi avanzati.

Pensate che gli oligarchi si preoccupino di queste persone? Credetemi, non lo fanno. La decisione di Musk di smantellare l’USAID significa che migliaia di persone tra le più povere del mondo soffriranno la fame o moriranno per malattie prevenibili.

Non si tratta solo di quello che accade all’estero. Anche negli Stati Uniti attaccheranno presto i programmi per la sanità, la nutrizione, l’edilizia abitativa e l’istruzione che proteggono i più vulnerabili — così che il Congresso possa garantire enormi sgravi fiscali a loro e agli altri miliardari. 

Come re moderni, convinti di avere il diritto assoluto di governare, non esiteranno a sacrificare il benessere delle persone comuni per difendere i propri privilegi.
Inoltre, utilizzeranno i giganteschi mezzi di comunicazione che possiedono per distogliere l’attenzione dagli effetti delle loro politiche, mentre ci “intrattengono fino alla morte”. Mentiranno, mentiranno e mentiranno. Continueranno a spendere enormi somme di denaro per comprare politici di entrambi i principali partiti.

Stanno conducendo una guerra contro la classe lavoratrice di questo Paese, e hanno tutta l’intenzione di vincerla.

Non vi prenderò in giro: i problemi che affrontiamo oggi sono gravi e non facili da risolvere. L’economia è truccata, il nostro sistema di finanziamento delle campagne elettorali è corrotto e stiamo lottando per affrontare il cambiamento climatico — tra molte altre sfide.

 La più grande paura della classe dirigente in questo Paese è che gli americani — neri, bianchi, latini, delle città e delle campagne, gay e etero — si uniscano per chiedere un governo che rappresenti tutti noi, non solo una ristretta élite di ricchi.

Il loro incubo è che noi non ci lasciamo dividere in base alla razza, alla religione, all’orientamento sessuale o alla nazionalità d’origine e che, insieme, troviamo il coraggio di sfidarli.
Sarà facile? Ovviamente no.

La classe dominante di questo Paese vi ricorderà costantemente che ha tutto il potere. Controllano il governo, possiedono i media. “Volete affrontarci? Buona fortuna,” diranno. “Non c’è nulla che possiate fare.”

Ma il nostro compito oggi è non dimenticare le grandi lotte e i sacrifici che milioni di persone hanno fatto nel corso della storia per costruire una società più democratica, giusta e umana.

 Dobbiamo combattere con ogni mezzo possibile.
Dobbiamo impegnarci nel processo politico: candidarci, connetterci con i nostri legislatori locali, statali e federali, donare a candidati che difendono la classe lavoratrice di questo Paese. Dobbiamo creare nuovi canali di comunicazione e condivisione delle informazioni. Dobbiamo fare volontariato non solo in politica, ma anche per costruire comunità a livello locale. Qualsiasi cosa possiamo fare, dobbiamo farla.
Inutile dire che io farò la mia parte — sia all’interno del Congresso che viaggiando per il Paese — per difendere la classe lavoratrice americana.
Nei prossimi giorni, settimane e mesi, spero che vi unirete a me in questa lotta.
In solidarietà».

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