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Cane buono cane cattivo

Tempo di lettura: 2 minuti

Nella mia professione di veterinario, quotidianamente, mi relaziono con gli animali e i loro proprietari.
I cani o i gatti che visito, finiscono per diventare intermediari importanti nello stabilire un rapporto “sociale” anche con gli esseri umani.
Riesco così ad apprendere e apprezzare tutta una serie di sfumature che altrimenti andrebbero perse, vista la mia ben nota difficoltà ad interagire con gli individui bipedi.

L’ animale, inoltre, finisce per assimilare suo malgrado, peculiarità caratteriali del proprietario ed è incredibile notare come certi atteggiamenti, stati ansiosi, insicurezze e paure, siano proiezioni più o meno controllate di ciò che l’essere umano prova.
Intendiamoci, l’antropomorfizzazione di un animale è sempre un processo rischioso e presuntuoso.
I meccanismi relazionali e gli istinti animali, rimangono puri e devono rimanere tali.
Le dinamiche umane, sono molto più “inquinate”.

A volte però, è difficile trovare un confine tra ciò che l’ animale è e ciò che il proprietario vede in lui… tanto da divenire quasi un elemento ostacolante l’emissione di una corretta diagnosi.
È come se la scena di un delitto analizzata da un investigatore, fosse inquinata da una serie di supposizioni e storpiature personali e forvianti.

Certo è, che l’ indole dell’ animale, influenza la capacità di portare a termine un corretto ragionamento clinico.
Un cane aggressivo, mordace, rende tutto più complicato…
Fare un prelievo di sangue, toccare una parte dolente per capirne l’origine, mettere insomma le mani sul paziente, può divenire molto difficile.

Il cane “cattivo”, è una grossa incognita diagnostica… e spesso il proprietario è contrariato da come viene approcciato nella visita, tanto da decantare motivazioni di origine ancestrale a favore di certi comportamenti, sulla base di maltrattamenti subiti in passato che divengono alibi esemplari per determinate condotte.

Il proprietario finisce per giustificare ogni mossa o reazione del proprio cane, lo spalleggia, ignorando che il disturbo comportamentale alla base del disagio, è molto spesso sua responsabilità.

Ieri per esempio, ho dovuto combattere per una buona mezz’ora con un rottweiler di 50 kg per niente collaborativo, mentre il proprietario negava quasi l’irascibilità dell’ amabile bestiola.
E dovevo fare un semplice prelievo di sangue.

Intendiamoci, quando parlo di “cane cattivo”, non intendo demonizzare l’animale.
Sto più che altro descrivendo l’inclinazione e lo scarso grado di collaborazione nei confronti di una procedura clinica, di un “contatto”.

Fatto è, che essere “cani cattivi” prende origine da un bagaglio educativo sbagliato, da una serie di click comportamentali mai risolti e mai affrontati con la giusta attenzione.
Si ignora che il cane è quello, per un processo di non “regolamentazione e controllo” nella sua fase di crescita “emotiva”.

Può accadere con i cani di grossa taglia, ma anche con quelli più minuti e apparentemente meno offensivi.
Essi sono cosa hanno appreso.
Ebbene… non vi sembra una storia già sentita?

Devo ammetterlo, quanto sto scrivendo supererà il confine della questione “cani buoni e cani cattivi”.
Ogni essere vivente ha un bagaglio di esperienze, regole e adeguamenti comportamentali che influenzano il rapporto con i propri simili.

Ci sono cani cattivi.
Ci sono uomini cattivi.

Smontare i meccanismi alla base del comportamento aggressivo, non lucido e rabbioso, non è semplice, ma doveroso.
E, di qualsiasi specie si tratti, si deve assolutamente negare la possibilità di avere un buon alibi pronto e sapientemente confezionato, per legittimare certi comportamenti o inclinazioni.
Siamo ciò che abbiamo imparato.
Tutti.

Diventiamo ciò che abbiamo ascoltato e interiorizzato, quando eravamo creta ancora morbida e non cotta.
Cresciamo e educhiamo cuccioli.
Cresciamo ed educhiamo bambini.
Bambini che saranno uomini e donne.
È importante capire l’enorme responsabilità di cui siamo stati investiti.
Perché la responsabilità è il nucleo primordiale su cui far sviluppare una rete di apprendimento e sviluppo comportamentale idoneo e giusto.
Giusto, in senso universale.

Copertina: foto Depositphotos

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