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“Non è bello essere arabi di questi tempi”

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A proposito di quanto sta accadendo in Medio Oriente, mi viene da pensare alla storia del Vecchio della Montagna narrata da Marco Polo nel Milione (cap. 41): «Lo Veglio della Montagna fu primo maestro dell’ordine degli assassini».

Il suo nome era Ḥassan-i Ṣabbāḥ, fondatore della setta ismailita i cui adepti assalivano le carovane che percorrevano la Via della seta e dopo averli derubati uccidevano o prendevano in ostaggio i carovanieri.

Viveva nella fortezza di Alamut – i cui resti esistono ancora tra le montagne a circa 100 km da Teheran – dove aveva creato un “paradiso terrestre” che accoglieva molti giovani ai quali offriva tutti i piaceri della vita con vino, cibi raffinati, giovani vergini, oppio, hashish (da cui deriva la parola hashishin, assassino).

Marco Polo raccontava che «lo Veglio ordinava che fossero preparate per loro certe bevande che li addormentavano di colpo; poi così addormentati, li faceva portare nel giardino-paradiso dove al risveglio, vedendo tutto ciò che vi ho detto, credevano davvero di essere in paradiso». Infine mezzo intontiti dalle droghe e dall’alcool, li mandava ad assalire le carovane.

Oggi quel paradiso è uno dei simboli dei combattenti e dei terroristi della Jihad, la guerra santa dell’Islam che ha sconvolto quasi tutto il Medio Oriente, governato da tanti Vecchi della montagna in pectore. L’avversario è idealmente “l’Occidente dai costumi corrotti”, ma il vero nemico è Israele i cui governanti, fanatici di un’altra religione, agiscono con una crudeltà forse peggiore di quella del Vecchio della montagna. Siamo di nuovo al Medioevo?

«Non è bello essere arabo di questi tempi», esordiva la prefazione del saggio L’infelicità araba (Einaudi 2004) scritto da Samir Kassir, un intellettuale e giornalista libanese laico, editorialista di Le Monde, assassinato a Beirut nel 2005.

«Ad eccezione dell’Africa sub sahariana – prosegue – il mondo arabo è la zona del pianeta dove, oggi come oggi, l’uomo ha minori opportunità. A maggior ragione la donna».

Tra le tante opportunità manca l’idea di modernità che dovrebbe aprire le porte della democrazia, del confronto politico, dei dibattiti, delle manifestazioni e soprattutto della Cultura, inevitabilmente occidentale.

I resti del castello di Alamut, che accoglieva il Vecchio della montagna

Eppure proprio nel Medioevo fu il mondo islamico a contribuire allo sviluppo della cultura occidentale, cioè europea. Tra l’XI e XIII secolo gli arabi trasmisero all’Europa le loro conquiste nell’arte, nella medicina, nell’architettura, nella tecnologia. Nella letteratura furono importanti le traduzioni in arabo degli antichi testi greci tra cui quelli di Aristotele.

Grazie a quelle traduzioni l’Europa tornò a conoscere molti testi ellenistici di filosofia e di scienza, già noti in epoca romana, ma scomparsi dopo le invasioni barbariche.

Quando la supremazia degli arabi venne meno?
L’Occidente contribuì alla decadenza dell’altra sponda del Mediterraneo attraverso le Repubbliche marinare che avevano scoperto le “ricchezze” (soprattutto le spezie) del Mondo arabo e con le crociate il cui vero scopo era quello di impossessarsi dei mercati di quelle ricchezze. Altro che liberare Gerusalemme: quando lo fecero, nel 1099, i crociati rasero al suolo la città e ne massacrarono tutta la popolazione musulmana.

Gli invasori rimasero in “Terra santa” sino al 1298, dopo un susseguirsi di guerre sanguinose e di brevi periodi di pace. L’anno dopo nacque l’Impero Ottomano che durò per circa 620 anni e dopo la presa di Costantinopoli, nel 1453, aveva esteso i suoi confini sulla penisola balcanica conquistando l’Ungheria, arrivando sino alle porte di Vienna.

Ci fu una netta islamizzazione che chiuse alla cultura occidentale che nel frattempo aveva raggiunto un grande sviluppo sociale, tecnologico e a partire dal XVIII secolo, industriale. Per esempio, tra gli Ottomani il divieto di introdurre macchine stampatrici durò fino ai primi del 1800.

L’Impero si dissolse alla fine della prima guerra mondiale quando, alleato di Austria e Germania, la neonata Società delle Nazioni affidò alla Francia Il Mandato su Siria e Libano, e alla Gran Bretagna quello sull’Iraq, Transgiordania e Palestina. Gli inglesi rimasero anche in Egitto, ufficialmente indipendente, con la scusa di difendere il canale di Suez.

Agli Ottomani rimase la Turchia che diventò Repubblica grazie al generale Kemal Pascià, detto Ataturk. Grazie a lui, che con un colpo di Stato cacciò il sultano, il mondo islamico iniziò il difficile cammino verso la laicità e la cultura occidentale.

Ataturk impose un netto distacco dalla religione e dalla cultura islamica promuovendo drastiche riforme volte alla modernizzazione della Turchia, con lo scopo di trasformarla in una nazione laica e in via di industrializzazione, abbracciandone una profonda occidentalizzazione della società nella cultura e nei costumi.

Innanzitutto tolse alle donne l’obbligo di indossare il velo e agli uomini proibì di coprire il capo col fez; costrinse i funzionari pubblici ad indossare abiti alla moda occidentale, a eliminare la barba e i baffi folti “alla turca”. All’alfabeto arabo sostituì quello latino e introdusse la misura metrico decimale.

Sul piano giuridico abrogò tutte le leggi islamiche; promulgò un codice civile molto simile a quello svizzero e un codice penale basato su quello italiano dell’epoca.

Per garantire la stabilità dello Stato permise l’esistenza di un partito unico sino al 1934, quando vennero accolti altri partiti e il suffragio universale fu esteso anche alle donne. Alle elezioni di quell’ anno vennero elette 19 deputate. In quegli anni negli Stati europei erano poche le donne con diritto di voto.

La “rivoluzione turca” della cultura e dei costumi si estese anche nei territori dell’ex Impero a partire dall’Egitto, dove molti intellettuali abbracciarono la letteratura classica e laicista francese e inglese. Giovani scrittori passarono al realismo e alla critica dei vecchi costumi.

Nacque una nuova immagine della donna grazie anche all’impegno di Huda Sharawi, militante per i diritti della donna, che nel 1923 per prima si tolse il velo pubblicamente nella stazione del Cairo.

Fu fondamentale anche il decollo del Cinema in Egitto che negli Anni trenta trasformò il Cairo nel terzo polo mondiale della cinematografia dopo Hollywood e Bombay, quando Cinecittà non era ancora nata. Il Cinema fu accolto con grande entusiasmo e partecipazione da tutta la società mediorientale, nonostante l’opposizione dell’islam che attraverso la Lega Araba, nata ai primi degli Anni venti, frappose molti ostacoli alla modernizzazione di tutto il Medio oriente.

E poi alla fine della Seconda guerra mondiale quella evoluzione si arrestò. Fu l’inizio dei tragici avvenimenti che hanno sconvolto e insanguinato la regione sino ai nostri giorni: la questione palestinese e il conflitto arabo-israeliano; la crisi di Suez; la guerra d’Algeria; la lunga guerra civile in Libano; la rivoluzione islamica in Iran che dette inizio ai sussulti violenti del fanatismo religioso; l’attacco alle torri gemelle con tutte le conseguenze; la rivolta dei gelsomini in Tunisia che si estese anche in altri Paesi arabi. Sono gli avvenimenti più importanti che hanno segnato la lunga storia mediorientale.

Non sarà certo quest’ultima flebile tregua per Gaza, firmata l’altro giorno, a riportare la pace.

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