
Elena Dreher, dalla resistenza ai diritti degli immigrati
Sono tantissime le donne che meritano di essere conosciute, ogni tanto ve ne proponiamo una, questa volta nel clima della Festa della Liberazione vi presentiamo la storia di Elena Dreher, partigiana e prima assessora della città di Milano.
Nata a Milano nel 1913, Elena era la terza dei sei figli di William Gottardo Dreher, di origine inglese, e Angela Gandola. I genitori erano valdesi, benestanti (il padre commerciava tessuti tra Italia e Asia, mentre la madre apparteneva a una famiglia di albergatori) e progressisti. Contrari all’indottrinamento fascista, con la scusa dell’inglese, fecero in modo che i ragazzi Dreher non frequentassero la scuola pubblica. Rispetto ai loro compagni i ragazzi crebbero con un’educazione aperta e cosmopolita.
Elena proseguì gli studi in Inghilterra frequentando il college. A 15 anni la morte improvvisa del padre la costrinse a rientrare in Italia, a rinunciare al proseguimento degli studi (amava sia la musica sia le scienze sociali) per occuparsi della casa e della famiglia. Qualche anno dopo, decisa a essere indipendente, lasciò la villa di Malnate per cercare un lavoro a Milano, ma non era facile ottenerne uno senza avere la tessera del Partito fascista.
Dapprima lavorò come segretaria del direttore artistico della rivista Fontana arte, poi, con l’avvento della guerra, decise di seguire un corso per diventare infermiera presso l’Ospedale Principessa Jolanda. E, proprio durante il corso, entrò in contatto con membri della Resistenza ed entrò a far parte dei Gruppi di Difesa della Donna (GDD). I gruppi erano una struttura clandestina finalizzata ad aiutare i partigiani, le loro famiglie, gli ebrei e i perseguitati dal regime, inoltre svolgevano un’azione di propaganda contro il fascismo e il nazismo. Con orgoglio, in una intervista a 90 anni, Elena afferma che tra le donne dei Gruppi ci furono 23 fucilate, 2.750 deportate, 4.630 torturate e condannate e «nessuna […] ha mai tradito». Nella stessa intervista ricorda che sono state 35 mila le donne combattenti nella lotta contro i nazifascisti e che «senza l’aiuto delle donne, la Resistenza non ci sarebbe stata».
Elena divenne il referente del Partito d’Azione a Milano e operò in clandestinità. In particolare, si occupava di creare reti di comunicazione, di distribuire aiuti ai combattenti e di coordinare le operazioni per recuperare prigionieri e feriti. A lei si deve la messa in salvo di Ferruccio Parri, a cui trovò un rifugio presso amici genovesi che ne ignoravano l’identità e che lo riconobbero quando divenne il primo Presidente del Consiglio dell’Italia liberata.
Per la sua attività fu una delle partigiane più ricercate dalla polizia fascista, ebbe anche un ruolo determinante nell’insurrezione del 25 aprile organizzando il primo soccorso ai combattenti che cacciarono gli ultimi nazifascisti.
Il suo impegno continuò anche dopo la Liberazione e, nello stesso 1945, fu nominata Assessora alla Assistenza e alla Beneficenza del Comune di Milano. Fu la prima donna in Italia a ricoprire quel ruolo.
Il suo era un compito complesso: bisognava ricostruire un sistema di assistenza sociale distrutto dalla guerra, occuparsi delle famiglie bisognose e anche dei profughi, dei deportati e delle famiglie dei partigiani caduti.
Un grande merito di Elena Dreher fu trasformare l’assistenza in un diritto, superando la vecchia logica della beneficenza.
Concretamente il suo compito nell’immediato dopoguerra prevedeva di: trovare casa a chi l’aveva persa nei bombardamenti e agli sfollati. Le bombe, inoltre, avevano colpito anche gli istituti dei minori a cui toccava dare ricovero e poi c’erano i malati cronici da assistere oltre ai numerosi orfani.
Lavorare con gli uomini non era facile, un esempio? Durante una riunione a Roma al ministero della Guerra, molti generali la scambiarono per una segretaria e solo la sua determinazione li convinse ad ascoltarla. Un po’ come accadeva a Rita Levi Montalcini nei convegni scientifici (prima del Nobel ovviamente) quando le veniva chiesto chi fosse suo marito e lei rispondeva candidamente: «Mio marito sono io».
A Elena Dreher va il merito anche di aver fondato insieme a filosofi (tra loro Antonio Banfi), pedagogisti e giuristi il Centro Pedagogico Milanese per sviluppare un’educazione attenta alla personalità dei ragazzi. Grazie a lei nacque l’Asilo Italo-Svizzero di San Cristoforo che sperimentava metodi educativi basati sulla cooperazione tra bambini di età diverse.
Educazione e formazione furono due impegni importanti, per questo fu tra le promotrici di corsi di formazione per Assistenti sociali professionali, assistenti che sarebbero diventate l’ossatura dei moderni servizi sociali.
Nel 1946 decise di non candidarsi alle elezioni per continuare il suo lavoro nel sociale e per le donne. Non più assessora, andò a dirigere il Villaggio Cagnola alla Rasa di Varese. Si trattava di un villaggio costruito intorno a una Villa ereditata dal comune di Milano. Ospitava orfani di partigiani e deportati, bambini con traumi di guerra, ragazzi di famiglie che cercavano un’educazione più laica e in seguito anche ragazzi segnalati dai tribunali. Accoglieva persone di ogni credo e religione. Il villaggio era ispirato ai modelli educativi delle ‘città dei ragazzi’ americane e nord europee.
La didattica era innovativa accanto alle materie tradizionali si faceva teatro, musica, letture, gite, redazione di un giornale, pittura e ricerche naturalistiche. Personalità del mondo culturale tenevano conferenze nel villaggio. I ragazzi venivano anche preparati per il mondo del lavoro e partecipavano attivamente alla vita comunitaria. Il villaggio, inoltre, faceva parte della Federazione internazionale delle comunità dei ragazzi, un organismo dell’Unesco.
Durante questa esperienza Elena si legò sentimentalmente all’architetto svizzero Hans Fischli che partecipava alla costruzione degli alloggi. Insieme ebbero tre figli, si sposarono e scelsero di vivere in Svizzera.
Anche nel territorio elvetico si dedicò al sociale, in particolare si occupò degli immigrati italiani, di lottare contro la xenofobia nei loro confronti e per una migliore integrazione.
Nel 1975 organizzò il primo convegno di donne immigrate e aderì al movimento Donne per la pace.
Seppure sotto sorveglianza dai Servizi segreti svizzeri, non si fermò e diede vita al Comitato 25 aprile di Zurigo contro fascismo e razzismo, per la democrazia e la pace. Inoltre, collaborò con la rivista Voce Evangelica e diventò persino predicatrice valdese.
Elena Dreher è scomparsa nel 2005. Il Comune di Milano, per i suoi numerosi meriti, l’ha accolta nel Famedio.
