Il libero arbitrio dell’ assiolo
C’era una volta un assiolo.
Scandiva come un metronomo il ritmo della notte.
Lo avete mai sentito un assiolo cantare?
È implacabile, inarrestabile, tutt’uno col buio.
Una notte, mentre era in preda al suo lucido delirio canoro, i suoi occhi tondi e gialli si posarono su un corpo in movimento, in un campo di grano poco lontano.
La sua voce accompagnava i movimenti di quella vita in fuga.
I suoi silenzi ritmati, ne sancivano l’immobilità guardinga.
Sembrava giocassero ad “un due tre stella”, come i bambini.
La luna piena, dava la possibilità di avere una visuale eccellente da quel ramo di quercia su cui stava appollaiato come una sentinella.
Così, nuotando in quel mare dorato, ad un certo punto la creatura misteriosa diventò nitida alla sua vista.
Era una donna.
Aveva un vestito rosso.
Eppure, non era appariscente.
Era sofisticato quanto semplice.
Tant’è, che pareva un papavero rosso in mezzo al grano.
Quando fu vicina abbastanza da coglierne i particolari del viso, l’assiolo si dovette veramente concentrare per non perdere il perpetuo quanto istintivo ritmo del suo canto.
Gli occhi.
Gli occhi di lei.
Quegli occhi.
Parlavano.
E quando i due sguardi presero coscienza l’uno dell’ altro, si sentirono soli insieme nell’universo.
E lì, l’assiolo, piccolo e cocciuto rapace notturno e instancabile metronomo, placò il suo canto.
Scelse il silenzio.
L’ assenza di quel suono, parve un incantesimo incredibile.
Quel silenzio improvviso sembrò fuori dal tempo.
Giunta ai piedi della quercia, quell’ esile donna papavero alzò il volto e sorrise.
Una folata di vento le dette un brivido che cambiò la trama della sua pelle.
L’ assiolo ne studiava ogni movimento, anche il più impercettibile… ne era stregato.
Così, nella luce di quella luna incredibilmente avvolgente, la voce di lei interruppe quel vuoto.
“Dunque sei tu.
Ti ho trovato.”
Il piccolo orchestrale notturno fece un balzo su un ramo più in basso, così da emergere da quel mare di fronde.
E lei:
“Ti ho sentito cantare e ho seguito la tua voce fin qui.
Vorrei portarti via con me, per proteggere i miei sogni.
Sei l’ultimo suono che sento, ogni notte, prima di addormentarmi.
Canti il ritmo dei miei respiri.
Tieni lontane le mie paure.”
L’ assiolo aveva tutti gli occhi della notte su di sé.
Era paralizzato nel dilemma di percepirsi preda o predatore… e d’istinto, strinse con forza la corteccia del ramo su cui si era accomodato, per paura di cadere.
Avrebbe voluto lasciarsi andare, posarsi sulle mani di lei…
Avrebbe voluto toccarla, cantare il battito del suo cuore, con leggerezza ma con un sentimento diverso per ogni sua piuma.
Poi, distolse lo sguardo da quel volto.
Girò la testa scrutando la notte che sembrava rimproverarlo per esser rimasta orfana.
La sua voce era stata inghiottita dalla voragine dei suoi pensieri.
Quella tentazione lo teneva in ostaggio.
E lei lo sentiva.
Sentiva ogni suo dubbio urlare in quel silenzio.
Allora gli occhi di lei si fecero sereni, senza ombra di supplica e delusione e un sussulto nella gola del esile guardiano della notte, liberò di nuovo il suo canto.
D’istinto e di impulso.
E lei, voltandosi verso quel mare di grano che l’aveva sospinta verso di lui, esclamò dolce ma sicura:
“Sei completamente libero, non hai la minima scelta.”
Il canto dell’assiolo: https://www.youtube.com/watch?v=ZQ8SzaYJ9D4